Un adattamento evolutivo che potrebbe essere messo a rischio dal riscaldamento globale

[3 ottobre 2016]

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Vedere un geco in territorio innevato non è certo una cosa comune: la maggior parte delle specie di questi rettili vive in climi tropicali o temperati, eppure il geco diurno dell’Atlante (Quedenfeldtia trachyblepharus) si è adattato a vivere in cima alle montagne del Marocco, dove sopravvive a inverni freddi, con neve e ghiaccio. A differenza di molti gechi, questa specie è attiva durante il giorno e sono stati visti anche aggirarsi su rocce completamente circondate da ghiaccio e neve.  Inoltre, più questi gechi vivono in alto più grandi sono le loro dimensioni, probabilmente perché hanno meno competizione per le risorse. Ma questo potrebbe cambiare con il riscaldamento globale che sta rendendo più accessibile il loro habitat ad alte specie.

A spiegare il meccanismo evolutivo e adattativo che permette ai gechi dell’Atlante di sopravvivere in un ambiente proibitivo per le altre specie di gechi è lo studio Thermal constraints and the influence of reproduction on thermoregulation in a high-altitude gecko (Quedenfeldtia trachyblepharus)” pubblicato sul Journal of Zoology da un team dell’università marocchina di Cadi Ayyad, dell’università canadese di Ottawa e del Centre d’Études Biologiques de Chizé in Francia, nel quale viene sottolineato che «La temperatura gioca un ruolo cruciale per le performance dell’ectotermia e, quindi, per il fitness. Gli ectotermi terrestri, inclusi i rettili, regolano la loro temperatura corporea principalmente attraverso abitudini comportamentali. Tuttavia, in alta quota i vincoli termici rendono costosa una termoregolazione precisa.  Il modello di costo-beneficio per la termoregolazione delle lucertole  prevede che gli ambienti termicamente impegnativi dovrebbero favorire l’evoluzione della termoconformità. Eppure, diverse specie mantengono temperature corporee elevate e stabili anche in ambienti freddi».

Per risolvere questo mistero il team di ricrcatori ha studiato proprio il geco Quedenfeldtia trachyblepharus, endemico delle montagne dell’Alto Atlante, quantificando la termoregolazione nelle femmine gravide, nelle femmine adulte non gravide e maschi adulti durante la stagione attiva.

Abdellah Bouazza, del  Laboratoire biodiversité et dynamique des écosystèmes della facoltà di scienze Semlalia dell’università  Cadi Ayyad, Marrakech, è i sui colleghi hanno cercato di scoprire come questo piccolo rettile a sangue freddo riesca a sopravvivere ad altezze dove si raggiunge il congelamento e li hanno studiati nel loro ambiente naturale da marzo a luglio, il periodo più critico per la riproduzione. Bouazza spiega che «Anche se i gechi rimanevano al riparo durante la notte nelle fessure delle rocce, emergevano  al mattino per prendere il sole sulle rocce esposte. Hanno sempre cercano punti caldi che sono al riparo dal vento». Cosa normale per un rettile, visto che le rocce trattengono il calore e possono essere fino a 10° C più calde rispetto alla temperatura ambiente.

Il team ha scoperto che rimanere incollati ad una roccia permette ai gechi per riscaldarsi: mentre la temperatura di una roccia aumentava, la temperatura corporea del rettile faceva altrettanto.Non sorprende che anche  la quantità di tempo trascorso sotto il sole svolga un ruolo: le femmine gravide trascorrono più tempo crogiolarsi al sole rispetto ai maschi e alle femmine non gravide,  in particolare all’inizio della stagione, e mantengono più alta e più stabile la loro temperatura corporea. Secondo i ricercatori il calore accumulato dalle femmine potrebbe aiutare le uova a schiudersi in anticipo, un vantaggio nei climi freddi, dando ai neonati più tempo per svilupparsi e quindi per superare il periodo invernale.

Ma le femmine gravide potrebbero avere un trucco in più: il team marocchino, canadese e francese ha notato dei cambiamenti marcati nel colore della pelle nei gechi diurni dell’Atlante, che diventano molto più scuri quando fa freddo, il che li aiuterebbe ad assorbire meglio i raggi del sole, ma sospettano anche che le femmine cambiano colore ancora più marcatamente quando trasportano le uova e Bouazza  spera di poter approfondire questo aspetto con un’altra ricerca.

Il francese Mathew Vickers, del Centre national de la recherche scientifique, pensa che i gechi dell’Atlante siano diventati diurni proprio per riuscire a sopravvivere a questo clima freddo di alyta montagna: «I gechi notturni vivono in luoghi caldi o dove possono trovare rifugio dal caldo durante il giorno», il geco diurno dell’Atlante sembra comportarsi al contrario. Inoltre, i gechi sono animali territoriale, ma quelli che vivono in un clima così freddo sembrano esse molto più socievoli. Diversi gechi dell’Atlante si crogiolano tranquillamente al sole nello stesso punto e condividono lo stesso rifugio, ma solo quando è freddo, presumibilmente per aumentare le loro prestazioni termiche. Le femmine depongono le uova insieme dentro fessure tra le rocce calde, che non  è l’unico esempio tra i gechi,  ma i benefici di questo comportamento non sono ancora conosciuti.

Seciondo Bouazza, «I geco diurno dell’Atlante è ideale per studiare la deposizione in comune delle uova perché generalmente mancano di cure parentali per le uova».

Bouazza e il suo team stanno attualmente studiando l’effetto dell’altitudine sulle dimensioni di questa specie. Finora, hanno scoperto che gli individui, e le uova deposte dalle femmine, sono più grandi e più pesanti con l’aumentare dell’altitudine,  cosa che attribuiscono a una maggiore disponibilità di cibo e a una minore concorrenza. «La differenza di dimensioni è impressionante», spiega e Bouazza, che ha presentato gli ultimi risultati della ricerca del suo team al recente African Congress for conservation biology che si è tenuto a El Jadida, in Marocco.

Ma questi straordinari gechi che si sono evoluti per vivere al freddo potrebbero perdere peresto il loro status di specie predominante nell’Alto Atlante a causa delle temperature in aumento portate dal riscaldamento globale: «Specie in competizione con loro possono spostarsi ad altitudini più elevate e potrebbero dover combattere per le risorse», conclude Bouazza.

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