di Ettore Bianchi 

Il gatto, arrivato in Europa proveniente prima dalla Cina e in epoca successiva dall’Egitto, dove era diventato un animale di compagnia e adorato, è stato addomesticato nell’era neolitica, 4 mila anni avanti Cristo. A raccontare come ha fatto questo felino a conquistare il mondo è stato il Dna, vecchio e recente, appartenente a 230 tra animali domestici e selvatici di varia provenienza (Bulgaria e Africa dell’Est, il più recente) analizzato nei laboratori di Parigi e Lovanio dall’équipe internazionale (28 ricercatori di 14 paesi) guidati da Thierry Grange e Eva-Maria Geigl, dell’Istituto Jacques-Monod.

Il dna più vecchio è arrivato dai resti dei gatti europei ritrovati nei siti archeologici neolitici (4 mila a.C: alsaziani, tedeschi, belgi, italiani, spagnoli, greci, rumeni, bulgari armeni, russi, turchi, siriani, libanesi, giordani, iraniani, dell’Arabia Saudita, d’Egitto, Tunisia e Marocco) e da quelli mummificati conservati nei musei come il British. La ricerca, pubblicata su Nature Ecology & Evolution racconta quasi 9 mila anni di addomesticamento del gatto, con le principali razze o specie e la loro provenienza.

I gatti domestici di oggi provengono perlopiù da due grandi aree diverse: quelli del Sudest asiatico (Cina e India) sono arrivati in Europa all’incirca nel 4.400 avanti Cristo; quelli dell’Africa, prevalentemente dell’Egitto, si sono disseminati in Europa e nel bacino mediterraneo, ma anche verso il Nord, nell’ultimo millennio avanti Cristo, seguendo le rotte commerciali anche marittime. Venivano imbarcati sulle navi per lottare contro i roditori. Una volta a destinazione si sono ibridati con tutti gli esemplari, più o meno selvatici. Fondamentale per la nascita del legame tra uomo e gatto, secondo i ricercatori, è stata l’agricoltura: i gatti erano molto utili per salvaguardare il grano dai topi e così, visto il vantaggio di averli vicini, l’uomo avrebbe cominciato ad addomesticarli.

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