Venerdì, 15 Aprile 2016 14:54

leggisentenzeIl Tribunale di Reggio Emilia ha assolto tre persone accusate di traffico di cuccioli e vendita on line. Il caso scoppiò quattro anni fa per iniziativa della forestale.

Non provato che i cuccioli giunsero illegalmente in Italia. E non provata nessuna delle ulteriori accuse ai danni di tre persone coinvolte da quattro anni un caso di presunto traffico illecito di cuccioli. Da qui l’assoluzione durante il processo celebrato nei giorni scorsi dal Giudice Catellani a Reggio Emilia: cadute le accuse di svolgimento abusivo di professione veterinaria e di abuso edilizio per i sette box ricavati da una vecchia porcilaia e adattata ai cani.

Quattro anni fa, il Corpo Forestale dello Stato rinveniva nella ex porcilaia quattro cuccioli di cani, subito sequestrati (un bull terrier, un bovaro del bernese, un aito inu e un chihuahua) e altri due morti poco dopo.
Di questi cani – riferisce La Gazzetta di Reggio-  il Giudice ha considerato che non era stata verificata l’esatta provenienza nè dalla Forestale nè dal veterinario dell’Ausl che si è occupato della vicenda: «E’ emerso solo – scrive il Magistrato – che uno degli imputati i vendesse cani mediante la rete internet, ma non che partecipasse ad una “attività organizzata” che reiteratamente introducesse nel territorio dello Stato animali da compagnia privi di identificazioni. Il veterinario ha precisato che i cani di quella razza sono rinvenibili anche nel territorio nazionale».

Le richieste dell’accusa e le tesi della difesa– La Procura aveva chiesto – per uno dei tre imputati- la condanna a 9 mesi di reclusione più tremila euro di multa per traffico di animali e abuso di professione,  mentre per l’abuso edilizio  aveva avanzato la richiesta di una triplice condanna a 20 giorni di reclusione e 10mila euro di multa. Ma le tesi difensive hanno ribaltato la situazione, come si desume dalle motivazioni della sentenza d’assoluzione. Nel blitz del 17 giugno 2012 a Villanova vennero sequestrati quattro cuccioli di cani (un bull terrier, un bovaro del bernese, un aito inu e un chihuahua) e due per le cattive condizioni di salute poco dopo morirono. Animali da compagnia di cui però – rimarca il giudice – non è stata verificata l’esatta provenienza nè dalla Forestale nè dal veterinario dell’Ausl che si è occupato della vicenda: «E’ emerso solo – scrive il magistrato – che Pamela Grassi vendesse cani mediante la rete internet, ma non che partecipasse ad una “attività organizzata” che reiteratamente introducesse nel territorio dello Stato animali da compagnia privi di identificazioni. Il veterinario ha precisato che i cani di quella razza sono rinvenibili anche nel territorio nazionale».

Sull’abuso di professione– Non provato neppure che la donna si calasse nei panni di veterinario: «La sola presenza di medicinali – si legge nella sentenza – non è sufficiente ad integrare la norma contestata. In particolare, per la somministrazione di quei medicinali non era necessaria la presenza del veterinario. In ogni caso non è emerso che l’imputato  operasse sui cani un’identificazione dei sintomi, la diagnosi del male e la scelta della terapia». Per l’abuso edilizio riferito ai 7 box per cani,  «Manca la prova che siano state eseguite opere in muratura in assenza di concessione edilizia».

0 Comments

Leave a reply

©2024 ForumCani.com