Una nuova svolta nell’eterna discussione su chi sia più intelligente tra gatti e cani

[30 novembre 2017]

Lo studio “Dogs have the most neurons, though not the largest brain: Trade-off between body mass and number of neurons in the cerebral cortex of large carnivoran species” pubblicato su Frontiers in Neuroanatomy da un team di ricerca internazionale, è il primo a contare effettivamente il numero di neuroni corticali nel cervello di diverse specie di carnivori, compresi cani e gatti,  e in particolare il numero di neuroni nella loro corteccia cerebrale: le “piccole cellule grigie” associate al pensiero, alla pianificazione e al comportamento complesso, tutti considerati tratti distintivi dell’intelligenza. E’ così che i ricercatori hanno scoperto che i cani ne possiedono  un numero significativamente maggiore rispetto ai gatti.

Suzana Herculano-Houzel, che insegna psicologia e scienze biologiche alla Vanderbilt University e che ha sviluppato il metodo per misurare con precisione il numero di neuroni nel cervello, spiega: «In questo studio, eravamo interessati a confrontare diverse specie di carnivori per vedere come il numero di neuroni nel loro cervello si rapporta alle dimensioni del loro cervello, comprese alcune specie che preferiamo, tra cui cani e gatti, leoni e orsi bruni».

Per lo studio la Herculano-Houzel e i suoi collaboratori – Débora Messeder e Fernanda Pestana dell’Universidade Federal do Rio de Janeiro;  Kelly Lambert del Randolph-Macon Stephen Noctor dell’Università della California –  Davis; Abdulaziz Alagaili e Osama Mohammad della King Saud University; Paul R. Manger dell’Università del Witwatersrand – hanno scelto i carnivori sia per loro diversità e per la  vasta gamma di dimensioni del cervello che per il fatto che comprendono sia specie domestiche che selvatiche. Per quanto riguarda cani e gatti, lo studio ha rilevato che «I cani hanno circa 530 milioni di neuroni corticali mentre i gatti ne hanno circa 250 milioni. (Questo rispetto ai 16 miliardi presenti nel cervello umano)».

La Herculano-Houzel spiega ancora: »Credo che il numero assoluto di neuroni che ha un animale, soprattutto nella corteccia cerebrale , determina la ricchezza del loro stato mentale interno e la loro capacità di prevedere  ciò che sta per accadere nel loro ambiente, basandosi sull’esperienza passata. Sono al 100% una dog person, ma, con questo disclaimer, le nostre scoperte significano per me che i cani hanno la capacità biologica di fare cose molto più complesse e flessibili nelle loro vite di quanto possano fare i gatti. Alla fina, abbiamo un po’ di biologia che la gente può prendere in considerazione nelle loro discussioni su chi è più intelligente, i gatti o i cani».

I ricercatori hanno analizzato il cervello di uno o due esemplari di 8 specie carnivore: furetto, mangusta, procione, gatto, cane, iena, leone e orso bruno e si aspettavano che le loro misurazioni avrebbero confermato l’ipotesi intuitiva secondo la quale il cervello dei carnivori dovrebbe avere più neuroni corticali rispetto agli erbivori che predano. Questo perché, cognitivamente parlando, la caccia è più impegnativa, rispetto alla strategia primaria degli erbivori di trovare sicurezza nei numeri. Tuttavia, non è stato  così. I ricercatori hanno determinato che «il rapporto tra i neuroni e le dimensioni del cervello nei carnivori di piccole e medie dimensioni era all’incirca uguale a quello degli erbivori, suggerendo che c’è stata altrettanto pressione evolutiva sugli erbivori per sviluppare il potere del cervello per sfuggire ai predatori come c’è stata sui carnivori per catturarli».

In effetti, per i carnivori più grandi il rapporto tra neuroni e dimensioni del  cervello è in realtà inferiore. Il team di ricercatori ha scoperto che il cervello di un golden retriever ha più neuroni di quello di una iena, di un leone o  di un orso bruno, anche se i predatori più grandi hanno cervelli fino a tre volte più grandi. L’orso è un esempio estremo. Il suo cervello è 10 volte più grande di quello di un gatto, ma ha più o meno  lo stesso numero di neuroni.

La Herculano-Houzel evidenzia che «Il consumo di carne è in gran parte considerato un risolutore di problemi in termini di energia, ma, in retrospettiva, è chiaro che il carnivoro deve imporre un delicato equilibrio tra quanto cervello e corpo può permettersi una specie». I ricercatori fanno notare che «La caccia richiede molta energia, in particolare per i grandi predatori, e gli intervalli tra le uccisioni riuscite sono imprevedibili. Questo spiega perché i grandi carnivori come i leoni passano la maggior parte del loro tempo a riposare e a dormire. In termini di energia, il cervello è l’organo più costoso del corpo e le sue esigenze sono proporzionali al numero di neuroni. Ha anche continuamente bisogno di energia. Di conseguenza, la quantità di carne che i grandi cacciatori possono uccidere e consumare e la natura intermittente dell’alimentazione sembra limitare il loro sviluppo cerebrale».

Le scoperte dello studio mettono in discussione anche l’opinione prevalente secondo cui gli animali domestici hanno cervelli più piccoli rispetto ai loro cugini selvatici. I rapporti tra le dimensioni del cervello e il peso corporeo delle specie domestiche analizzate – furetto, gatto e cane – non si sono modificati in modo significativamente diverso da quelli dei loro parenti selvatici: mangusta, procione, iena, leone e orso bruno.

L’analisi ha anche scoperto che, dal punto di vista del cervello, il procione è anomalo: ha lo stesso numero di neuroni corticali di un cane in un cervello delle dimensioni di quello diun gatto. «I procioni non sono il tipico carnivoro – spiega ancora la Herculano-Houzel – Hanno un cervello abbastanza piccolo, ma hanno tanti neuroni quanti ci si aspetterebbe di trovare in un primate … e questo è un sacco di neuroni».

La neuro scienziata conclude: «Studiare il cervello di specie diverse ciinsegna una lezione importante: la diversità è enorme Non tutte le specie sono fatte allo stesso modo Sì, ci sono modelli riconoscibili, ma ci sono molti modi in cui la natura ha scoperto come mettere insieme i cervelli e stiamo cercando di capire che differenza fa».

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