Fra gli animali domestici più diffusi, i gatti hanno certamente conquistato i favori più disparati. Vivaci, autonomi e indipendenti, i felini domestici rallegrano la giornata e sanno donare molto affetto, eppure la loro esistenza non è eterna. Si stima, infatti, che la longevità dei gatti vada dai 12 ai 20 anni, a seconda delle razze e dalle condizioni ambientali. Ma quali sono i fattori che indicano un buon invecchiamento per l’amico di casa, i segnali che possono lasciar intravedere un’esistenza lunga e felice?

Sono stati condotti diversi studi di recente, per comprendere le aspettative dei gatti. Questo perché, negli ultimi trent’anni, la longevità dei felini domestici si è notevolmente allungata, almeno negli Stati Uniti: dai 7 anni nel 1980 ai 9 del 1995, passando per i 12-20 attuali. Merito di una maggiore attenzione alle loro esigenze, con un incremento delle pratiche di sterilizzazione, delle vaccinazioni e del controllo del loro girovagare. Una prima ricerca, condotta dalla facoltà di Veterinaria della Cornell University, ha cercato di tracciare una corrispondenza tra l’età biologica del gatto a quella umana, determinando questo calcolo generico:

Un gatto di un anno è fisiologicamente simile a una persona di sedici e un gatto di due anni a una di 21. Per ogni anno successivo, ogni anno felino corrisponde a circa 4 anni umani. Usando questa forma, un gatto di dieci anni è simile a una persona di 53, uno di 12 a una di 61 e uno di 15 a una di 73.

Una coppia di altri studi, pubblicati di recente sul Journal of Feline Medicine and Surgery, ha invece permesso di stabilire quali siano i segnali più utili per comprendere se il gatto di casa stia invecchiando in piena salute, un fatto che potrebbe predirne a larghe spanne la longevità. In particolare, decisamente efficace apparirebbe la classificazione DISHA. Quali sono le caratteristiche di questo modello, che misura il declino cognitivo dei gatti?

  • D – Disorientation (disorientamento): la tendenza a perdersi in aree familiari o non riconoscere membri della famiglia;
  • I – Interaction Changes (cambiamenti d’interazione): le modifiche comportamentali al rapporto con il proprietario o tra altri animali, soprattutto se il gatto si dimostra più diffidente, distante o irritabile;
  • S – Sleep/Wake Disturbances (disturbi del dormiveglia): i cambiamenti irregolari relativi ai cicli di sonno, tenendo comunque presente come il gatto sia un animale soprattutto notturno;
  • H – House-soiling (deiezioni domestiche): gli eventuali cambiamenti nel ricorso alla lettiera, con minzioni e deiezioni abbandonate in luoghi insoliti della casa;
  • A – Activity Changes/Anxiety (cambiamenti d’attività e ansia): le modifiche relative a un maggiore disinteresse per le attività di gioco, ma anche irrequietezza e comportamenti ripetitivi, come leccate inconsolabili al manto.

È abbastanza probabile che un gatto, raggiunta la terza età, presenti uno o alcuni di questi segni, eventualmente da segnalare al proprio veterinario. Minore è la loro comparsa, maggiore sarà la possibilità di raggiungere una longevità estesa.

8 luglio 2016

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