ROMA – Chi ha detto che i gatti detestano l’acqua. Volenti o nolenti, alcuni dei loro antenati hanno popolato il mondo proprio a bordo delle antiche navi cariche di cibo (e di topi). Sono arrivati, in pieno medio evo, a stringere amicizia perfino con i vichinghi.
 
Ricostruire il loro viaggio per terra e per mare è stata la missione di un gruppo di biologi europei, che hanno analizzato il Dna di 209 gatti (inclusi cinque animali mummificati), ritrovati in una trentina di siti archeologici tra il 10mila a.C. e il secolo scorso. I loro risultati sono stati presentati a Oxford, dove si è svolto il settimo simposio di archeologia biomolecolare.
 
Il ritrovamento di un gatto del decimo secolo circa in un sito vichingo sul Mare del Nord, d’altra parte, non fa che confermare le leggende di questo popolo, la cui dea dell’amore (Freyja) usava viaggiare su un cocchio trainato da due felini.
 
“I nostri studi – racconta Claudio Ottoni, biologo molecolare laureato all’ateneo romano di Tor Vergata, oggi arruolato dall’università di Oslo e coordinatore dello studio – dimostrano che nella loro storia i gatti hanno essenzialmente seguito due rotte”. Una via terra, che li porta a popolare il medio oriente e l’Anatolia quando gli uomini iniziano a coltivare la terra, circa 10mila anni fa. La necessità di immagazzinare i raccolti per l’inverno e per le semine successive finì per attirare i topi nei granai degli antichi villaggi del neolitico. E il rapporto fra uomini e felini iniziò, così, per ragioni di puro opportunismo.
 
“La seconda rotta – prosegue Ottoni – passa invece per le vie commerciali marittime. La linea genealogica dell’antico Egitto, analizzata attraverso le mummie, rispunta successivamente in molti porti europei. Fino al sito vichingo del Mare del Nord, databile tra l’ottavo e l’undicesimo secolo. In epoca ”.
 
Mentre il rapporto fra uomini e cani è stato scavato abbastanza in profondità da biologi e archeologi, il percorso della domesticazione dei gatti è sempre rimasto misterioso, proprio come i reali pensieri dei felini che ci vivono accanto. “Non sappiamo nulla della loro storia. Non sappiamo nulla della loro origine né della loro diffusione” lamenta Eva-Maria Geigl dell’Istituto di biologia parigino Jacques Monod, che ha lavorato con Ottoni. E che resiste alla tentazione di lanciare una frecciata contro gli studi sui cani, da sempre meglio finanziati rispetto a quelli sui gatti.
 
“Dei gatti – prosegue Ottoni – non possiamo nemmeno dire con certezza che siano animali domestici, visto il loro carattere. Il comportamento è sicuramente cambiato, da quando vivono accanto all’uomo. Ma il loro corpo no, e questo è atipico rispetto alle altre specie”.
 
Anche se non conosciamo i dettagli della sua storia, il rapporto fra uomini e gatti è stato sicuramente molto intenso, e fin dai tempi più antichi. “A Cipro, nel 2004, fu ritrovato un gatto sepolto accanto a un bambino, risalente al 7.500 a.C.” spiega Ottoni. Gli egiziani iniziarono a dipingere i felini in un contesto domestico intorno al 2mila a.C. “Di sicuro – prosegue il biologo – il senso di attaccamento fra felix silvestris e l’uomo è stato fin da subito molto forte. Aveva qualcosa di spirituale, direi. L’idea di seppellirlo accanto a un bambino non può essere spiegata altrimenti”.
 
 

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