Se il cane è il miglior amico dell’uomo, il gatto lo è degli scrittori, perché più misterioso, più autonomo, metà domestico e metà no. Tra i tanti, erano gattari Charles Baudelaire, Doris Lessing, Charles Bukowski, e il consiglio di Ernest Hemingway agli aspiranti scrittori era: «Se volete scrivere, tenete vicino a voi un gatto» (e magari anche una bottiglia di gin). In generale il mondo si divide in due: chi ama i cani e chi i gatti, e le due tipologie umane sono tra loro come cani e gatti. I libri sui gatti poi non si contano, l’ultimo è di Paola Capriolo, Avventure di un gatto viaggiatore (Bompiani, pagg. 176, euro 13), che con la scusa di raccontare il viaggio in Grecia di una famiglia con gatto a seguito (Ela) coglie l’occasione per aprire molte riflessioni sui gatti, soprattutto in difesa dei gatti.

A cominciare dal suo essere un animale semidomestico. Che suona come una mancanza, ma in realtà è una qualità, è come dire un uccello è un animale semi-terrestre dimenticandosi che può tanto camminare quanto volare. Il gatto non è un cane malriuscito perché non ci ubbidisce, non per altro mentre i cani li abbiamo creati noi selezionandoli dai lupi, il gatto entra nel mondo umano come una divinità nell’antico Egitto, e come tale si comporta ancora oggi. «Chi li ha mai visti esibirsi in un circo, dove perfino i leoni obbediscono allo schiocco della frusta del domatore e saltano nel cerchio di fuoco? L’idea di un gatto poliziotto, poi, fa ridere solo a pensarci, data l’innata avversione di questo grande individualista per qualsiasi ordinamento gerarchico».

Il gatto non si sottomette a un padrone come un cane, ti tratta da pari a pari. «Ti obbedisce non come un soldato, ma come un figlio, e un figlio educato secondo i principi del dottor Spock più che secondo quelli delle culture patriarcali». Impossibile chiamare un gatto con un fischio, dirgli di mettersi a cuccia, di riportarti una pallina, cosa che irrita gli amanti dei cani, i quali ritengono i gatti anaffettivi. Tutt’altro, il gatto ti dimostra i suoi sentimenti senza mai cedere alla sua dignità e individualità. Ti ama, ma senza sottomettersi, e se una cosa non gli sta bene se ne va mostrandoti tutto il suo disprezzo. In amore vince chi fugge, il gatto vince sempre, maestro dell’arte della fuga più di Bach, ma sa sedurti, e quando si concede è una conquista impagabile. «Abnegazione sì, quando è il caso, mai però la rinuncia al naturale rispetto di sé». Per diventare amici di un gatto ci vuole un galateo, come aveva capito T.S. Eliot e come ricorda l’autrice: delle regole d’etichetta, quasi si entrasse a Buckingham Palace. Il gatto, scrive Paola Capriolo, è uno che ti dice: «Puoi affamarmi, uccidermi, ma in nessun caso ti permetterò di calpestarmi, e se davvero mi ami, tocca a te dimostrarmelo».

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