Il veterinario dice che ha cinque sei mesi, assomiglia a una setterina: viveva con una donna anziana nel centro di Napoli, la picchiavano con un bastone e la tenevano legata tanto stretta da provocarle ulcere sulla pelle, ma ha anche un ematoma sul dorso causato dalle botte. La sua proprietaria – non sappiamo i motivi che spingono a prendere cane se poi devono tenerlo così – le dava da mangiare una busta di wurstel al giorno. E’ una taglia media, ma peserà sì e no 15 chili (chi vuole adottarla telefoni a questo numero: 3348019526 ma può anche inviare un sms o un whatsapp). Un mese in più e maschio, taglia piccola, sette chili e basta è invece il ritratto del cane che chi voleva sbarazzarsene ha appena lanciato dal finestrino della sua auto, a Portici.

Si trovava a passare un anziano che purtroppo non è riuscito ad annotare la targa, ma ha preso il cane e siccome non può tenerlo, con l’intervento della polizia urbana il povero sfortunato potrebbe finire questa tragica giornata in canile. Si spera che qualcuno lo porti invece a casa sua (33112451014).

Vita da volontari. Un inferno di sola andata, da cui si esce per “burnout”, come gli psichiatri che assistono i depressi, o per pensionamento anticipato. Significa rimetterci soldi, tanti soldi, per i veterinari, per i trasporti, per le sterilizzazioni, per le staffette che portano gli animali a chi li adotta, quasi sempre a centinaia di chilometri di distanza, e non sempre per “razzismo”, spesso perché al nord di animali vaganti ce ne sono di meno, perciò arrivano tutti da sud.

Significa perdere il sonno, dover spegnere il cellulare per consunzione del timpano, o perché alla fine un po’ della vita uguale a quella degli altri dev’esserci pur rimasto, chissà dove. Rassegnati sul non-aiuto, spesso estremi e apocalittici, in maggioranza donne, giovani o giovanissime, i volontari spesso combattono anche contro il sospetto, le paure di altri animalisti come loro, divisi su tutto o quasi, anche sul colore del collare da mettere al cane. Ma se non ci fossero, centinaia di animali sarebbero già morti. I più bravi si organizzano in filiera: c’è chi raccoglie, chi si occupa della visita veterinaria, chi cerca fondi e sponsor, chi trova l’adozione e chi spedisce. Manca quasi sempre, vista la continua emergenza, la parte della denuncia, perché anche gli avvocati, come i medici, costano. Così l’anziana, che già la legge sanzionerebbe a scartamento ridotto per l’età, resta impunita, e come lei tutti quelli che non sapendo gestire animali, li maltrattano o li uccidono deliberatamente.

Così l’automobilista che ha fatto il lancio del cane per strada, certo di passarsela liscia, è a casa sua felice e contento: libero dal problema e senza doversela vedere con la giustizia. Una volta una animalista che non c’è più assistette a una scena simile nel Cilento e denunciò. Non era del posto, e si sentì rispondere dalle forze dell’ordine locali che “rischiava una denuncia per calunnia”. In poche parole, non vollero procedere. Capita spesso, dalle nostre parti.

Ma c’è una Procura, quella di Aversa, Napoli Nord, che si sta attrezzando per combattere il crimine contro gli animali. Il caso di queste ultime ore che la riguarda è bello (per modo di dire) perché è un esempio di come la legge va sempre interpretata e applicata. Riguarda un maiale che pesava cento chili e che nessun animalista, pur a malincuore, ha potuto prendere in carico.

Va detto che gli animali “da zootecnia” e specialmente i suini, sono delicati: l’Italia è il paese dei prosciutti, anche se i vegetariani crescono, e questo animale che si sta scoprendo sempre più “d’affezione” e da compagnia, come si diceva una volta, che non da sfruttamento alimentare, subisce lo stesso una sorte malefica: si riesce più a salvare una capretta che non lui, che è affettuoso come un gatto. Il suo torto è di essere buono per le salsicce. Perciò, in applicazione a una legge che mette al sicuro solo l’uomo a rischio di portare in tavola un piatto di carne ammalata, l’esecuzione di un maiale “non tracciabile”, non riconducibile a un proprietario certo, è capitale. Avviene addirittura “sul posto”, per una legge vetusta che regola il lavoro dei veterinari e che risale al tempo in cui il cane stava alla catena e non c’era nemmeno ancora stato il baby boom (anni Cinquanta). Per questo motivo a gennaio è morta una scrofa con cinque maialini di età diverse, e poi il maialetto da un quintale segnalato ai

giudici di Aversa per maltrattamento. Esecuzione capitale per tutti. Niente analisi per accertarne il rischio di malattie, per i veterinari non è necessario. Per gli animalisti invece sì, perciò è una questione sulla quale sarà bene tornare e intendersi. Prima di nuove esecuzioni per delitti che i nostri amici a quattro zampe davvero non hanno commesso. 

Due cani da adottare, a cui dare una sorte migliore di quella che hanno incontrato finora

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