conveniva in giudizio la Au. S.p.A. chiedendone la condanna al risarcimento dei danni arrecati alla sua auto (…) a seguito dell’impatto della stessa con due cani presenti sulla carreggiata dell’autostrada A14 in territorio di Foggia avvenuto il giorno 23/11/2010. Si costituiva la convenuta deducendo che era onere dell’attrice provare i suoi assunti e che comunque l’accaduto andava addebitato alla elevata velocità con cui il conducente procedeva alla guida dell’auto al momento del sinistro. Chiedeva il rigetto delle avverse domande. In diritto, le domande attoree vanno accolte. L’assunto dell’attrice, la quale lamenta il danneggiamento della sua auto a seguito dell’impatto con due ani presenti sulla carreggiata del tratto autostradale descritto in atto di citazione, deve ritenersi adeguatamente provato sulla scorta della documentazione prodotta, delle dichiarazioni dei testi escussi e della espletata CTU. In particolare, dalla relazione di servizio degli agenti della Polstrada, intervenuti a rilevare il sinistro, risulta che gli stessi dopo essersi recati nel punto della carreggiata autostradale indicato effettivamente riscontrarono la presenza dell’auto della società attrice, con danni evidenti e ferma sulla corsia di marcia, e la presenza, all’altezza del guard rail centrale, di due cani privi di collare. I due testi escussi hanno, poi, confermato che il sinistro fu causato dalla comparsa sulla carreggiata dei due cani che urtarono l’auto della società attrice. Detti testi sono da ritenere attendibili sia perché la loro presenza sul luogo del sinistro è riportata nel verbale redatto dalla Polizia stradale, che li indica come trasportati a bordo dell’auto, e sia perché quanto da loro riferito trova riscontro oggettivo nel rinvenimento dei due cani nelle vicinanze del luogo dell’incidente. Infine il CTU ha quantificato il costo di riparazione della vettura in Euro 6.093,99, al netto di IVA, con valore da ritenersi riferito ai prezzi di mercato della data del sinistro, secondo la formulazione specifica del quesito postogli. Gli elementi probatori innanzi richiamati consentono di ritenere provato che la sede autostradale presentava una situazione di pericolo per gli utenti rappresentata dall’ostacolo alla sicurezza della circolazione stradale costituito dall’invasione da parte di Bu. Consentono di ritenere provato anche che vi fu l’impatto tra detti animali e l’auto dell’attrice.

Provato che l’auto in questione riportò danni in conseguenza di una situazione di pericolo venutasi a determinare sulla carreggiata autostradale in quel momento dalla stessa percorsa va affermata la responsabilità risarcitoria per tale accadimento a carico della odierna convenuta quale custode di detta autostrada con le relative pertinenze ex art. 2051 c.c. (in tal senso Cass. civ. nn. 4495/2011, 1016/2011, 2308/2007 e’ 7763/2007). Tra le pertinenze autostradali rientra la recinzione che ne rappresenta obbligatoria dotazione ex art. 2 comma 3 lettera A) del D. Lgs. n. 285/1992 avente precipua funzione di impedire l’accesso sulla carreggiata di animali data la situazione di pericolo per la sicurezza della circolazione che “essi vengono a determinare in ragione della particolare destinazione della rete autostradale di consentire il traffico veicolare a velocità sostenuta”. Pertanto, una volta provata la presenza di un’animale sulla sede autostradale ed i danni arrecati ad un’auto in transito da tale presenza era onere della odierna convenuta, quale custode, provare la riferibilità della presenza dell’animale sulla carreggiata a caso fortuito quale poteva essere l’improvviso abbandono da parte di terzi. Tale ipotesi è da escludere risultando dalla relazione di servizio della Polizia stradale che i cani erano privi di collare e, quindi, da ritenersi randagi in quanto privi di precedente proprietario. Sicché la loro presenza sulla carreggiata non poteva erto imputasi ad abbandono da parte di altri utenti dell’autostrada. Nè vale ad escludere la responsabilità della convenuta il fatto che nel luogo del sinistro la recinzione fosse intatta non potendo certo escludersi che il varco tale da consentire ai due cani di invadere la carreggiata si fosse creato in altro punto della reste autostradale più distante dal luogo dell’incidente e certamente non ispezionato dalla Polizia Stradale atteso che nel relativo verbale non di dà atto dell’avvenuta ispezione dell’intero tratto autostradale teatro dell’incidente.

Quindi, il controllo degli agenti deve ritenersi limitato al solo luogo in cui furono rinvenuti i cani ed in cui gli stessi furono chiamati ad intervenire. In definitiva manca la prova del fortuito. Non è, infatti, dimostrato che l’intero tratto autostradale, e non solo il punto del sinistro, fosse recintato e che la recinzione fosse lungo lo stesso totalmente integra. Nè è provato che i cani fossero stati poco prima abbandonati da altri utenti oppure che la velocità di guida del conducente eccedesse il limite massimo consentito in autostrada non essendo certamente visibile da adeguata distanza la presenza dei cani data l’ora notturna del sinistro e la notoria assenza di illuminazione artificiale sulle carreggiata autostradali. Sussiste, quindi, la obbligazione risarcitoria della convenuta quale custode. Oltre ai costi di riparazione dell’auto, nella misura quantificata dal CTU di Euro 6093,99, la società Autostrade non è tenuta al rimborso anche dell’IVA sui medesimi risultando che la proprietaria dell’auto è una società commerciale ed ili quanto tale legittimata a portare in detrazione il carico fiscale relativo ai costi di riparazione di beni azienda (in tal senso Cass. civ. n. 1688/2010). Sul predetto importo è dovuta rivalutazione dalla data del sinistro trattandosi di debito di valore e con maggiorazione di interessi legali sulla predetta sorte capitale rivalutata’ anno per anno quale ristoro dell’ulteriore danno da mancato guadagno per il ritardo nel pagamento impeditivo dei normali impieghi fruttiferi del denaro in investimenti di tipo non speculativo. Va, invece, dichiarata inammissibile la domanda di risarcimento del danno da lite temeraria ex art. 96 c.p.c. in quanto proposta dall’attrice per la prima volta in conclusionale, atto riservato alla sola esposizione delle difese éd in cui è vietato proporre domande nuove. All’accoglimento delle domande attoree segue la condanna della convenuta, quale soccombente, alla rifusione delle spese di lite in favore dell’attrice, liquidate è distratte come da separato dispositivo (art. 91 c.p.c.).

P.Q.M.

Il Tribunale di Taranto terza sezione civile in composizione monocratica in persona del Giudice ad essa assegnato Dott. Antonio Pensato definitivamente pronunciando nella causa di cui all’epigrafe, così provvede:

1) condanna la Au. S.p.A. a pagare in favore di RE. S.r.l. la somma di Euro 6.093,99 con rivalutazione secondo gli indici di svalutazione della moneta pubblicati dall’ISTAT per le famiglie di impiegati ed operai dal 23/11/2010 fino alla pubblicazione della presente decisione a maggiorarsi di interessi al tasso legale calcolati su Euro 6.093,99 dalla stessa data rivalutati anno per anno secondo gli indici e nel periodo di cui sopra a conteggiarsi fino al soddisfo; 2) dichiara inammissibile, perché tardiva la domanda di ristoro dei danni ex art. 96 c.p.c. proposta dall’attrice; 3) condanna la Au. S.p.A. al pagamento delle spese di lite in favore di RE. S.r.l. liquidate in Euro 739,82 per esborsi non imponibili anche di CTU, Euro 4.835,00 per compensi, oltre IVA, CAP e rimborso spese generali in misura di legge da distrarsi in favore dell’Avv. Ma.Cr. dichiaratosi anticipatario.

Così deciso in Taranto il 2 gennaio 2015. Depositata in Cancelleria il 5 gennaio 2015

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