Ogni volta che vado al negozio di pet food a comprare il cibo per Milo, non riesco a uscire senza prendergli un giochino. E prendi oggi, prendi domani, Milo ha ceste piene di palline, pupazzetti e peluche. Con cui, va da sé, non gioca mai, perché il suo gioco preferito sono io.

Quando Milo mi fa gli agguati alle caviglie, o m’insegue per tutta la casa. Quando salta sulla ciabatta del pc, convinto di spegnerlo, perché vuole attenzioni, o sul telefonino mentre ce l’ho in mano. Quando viene sera, è lui a decidere che è tempo di giocare, e non più di lavorare. E poi le ombre, le mie mani: sono un richiamo irresistibile. Tutto può trasformarsi in un gioco: i gatti, i cani e tutti gli animali non vogliono regali griffati. Vogliono solo il nostro amore. E il modo più divertente e più toccante in cui Milo gioca con me è quando mi chiude dentro il bagno.

Chi ha un gatto lo sa. Una porta chiusa, per un gatto, è un affronto e una sfida. Quando vai al bagno, il gatto non solo ti segue, si mette accanto a te, nella tua stessa posizione. Ti guarda mentre sei sul wc, si piazza fra i tuoi piedi (Milo vuole esser pure preso in braccio, meglio non scendere nei particolari). E poiché in bagno, tra un tweet e un’email mi attardo sempre, lui per protesta ha preso a chiudermici dentro. Spingendo la porta coi suoi 3,2 chili di peso, finché questa non scatta e non si blocca. Per liberarmi ci vogliono alcuni minuti.

Più di recente, però, Milo mi chiude dentro il bagno per non farmi uscire di casa, perché resti con lui. Per tre dei suoi quasi cinque anni (li compirà tra aprile e maggio) non sono stata bene, e uscivo poco, meno di quanto già facessi per lui. Un sollievo per Milo, che anche per la sua malattia mi è legatissimo. Così, quando mi sono ripresa, alcuni mesi fa, è stato un grande stress. Improvvisamente, la mamma usciva la mattina e tornava per pranzo, e poi a volte riusciva e tornava la sera. Per questo ho preso a portarlo con me. In viaggio, al parco, ad un caffè. Il guinzaglietto e il trasportino. Milo adora il treno, si bea dei gridolini deliziati degli altri passeggeri – ignari fino a quel momento che nella mia borsa ci fosse un gattino – quando tira fuori la testa per la curiosità.

Certo, non sempre lo si può portare. A volte la cat sitter è proprio irrinunciabile. E quando giorni fa sono tornata a casa dopo parecchie ore, Milo, che non sa saltare, mi è saltato in braccio, e mi sono sentita un verme. Ma domani per lavoro devo andare a Sorrento, e Milo, va da sé, viene con me.

Ma se la soluzione fosse un fratellino?

20 aprile 2018 (modifica il 20 aprile 2018 | 07:11)

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