VITERBO – Qualche tempo fa, un conoscente mi chiese se avessi mai visto un cane partecipare ad una Messa e se soprattutto ci fosse la possibilità di averli con se durante la celebrazione.

Ad essere del tutto sincero non sono proprio quel che si suol dire un assiduo frequentatore, ma, sulla falsa riga del famoso detto popolare “stai come un cane in chiesa”, mi sono sempre astenuto dall’incitare le persone a condurlo nei sacri luoghi. Nel mio libro “L’anima del Cane” dedico, chiaramente, un ampio spazio al rapporto chiesa- animali, ma, mio malgrado, alla fine del capitolo, il lettore resterà “tra color che son sospesi” data la vasta confusione che aleggia intorno al contrastato rapporto. In cuor mio, ritengo che il cane, gatto, coniglio, furetto etc etc all’infinito, in quanto creature di Dio abbiano pienamente il diritto sacrosanto di accedere nella sua casa, in quanto cittadino, mi rendo conto che la discriminazione imperante è a dir poco vergognosa.

La diatriba, ad onor del vero, fin dai tempi remoti, fu affidata a molti papi, che, facendo spallucce, hanno glissato indecorosamente l’argomento, ma la cosa non ha mai mancato di sollevare elevati polveroni e scontenti in un mondo animalista sempre più crescente. Paolo VI, tentò goffamente di scindere il cane da compagnia da quello di servizio, ossia cani guida o terapeutici, ma la cosa non ebbe altro risultato che quello di infuocare ancor più gli animi.

Nel verificare alcune norme nelle diocesi degli Stati Uniti, ho riscontrato un assoluta mancanza di proibizioni verso gli animali in chiesa ed, in moltissimi casi, i parroci, o pastori, accettano di buon grado persino l’abbaiare, definendolo il più delle volte “un segnale di Dio”. Stessa procedura, più o meno, si riscontra tra le diocesi nel Regno Unito e in Australia.

Ora vi prego di non considerarmi un eretico da rogo, ma il beneamato motto degli animalisti che puntualmente con fierezza sfoggiamo ai negozianti che si oppongono alla presenza dei cani, ossia “se non entra lui non entra neanche il mio portafogli”, dovrebbe doverosamente essere applicato anche nei luoghi di culto, inspiegabilmente vietati ai nostri migliori amici, nonché creature divine e forse, permettetemelo, assai più meritevoli di essere accolti tra le braccia del divino, in luogo di buona parte degli esseri umani.

Vorrei concludere citando una mia personale conversazione con un pastore cattolico che incontrai al di fuori di una immensa chiesa nel centro della città americana di Hartford nello stato del Connecticut, che ogni domenica accoglieva i cani al loro ingresso in chiesa benedicendoli in latino; non potei fare a meno di fermarmi e chiedergli il perchè del suo comportamento totalmente in difformità rispetto a quello usato nel nostro paese, e lui pacifico mi rispose con un filo di voce passandomi una mano sulla spalla : “see sir, we are Christians and we depend on Rome, but unlike many, in the United States we are used to interpreting the doctrines that are reported to us only in a better way” – (vede signore, noi siamo cristiani e dipendiamo da Roma, ma al contrario di molti, negli stati uniti siamo soliti interpretare solo in modo migliore le dottrine che ci vengono riportate).

Leonardo De Angeli

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