NEW YORK – La clonazione di un cane costa 100mila dollari. Per un gatto, invece, ne bastano appena 25mila. Questo il prezzo a pagare al Sooam Biotech Research Center di Seul, in Corea, per ottenere una “fedele riproduzione” del proprio animale domestico. Negli Stati Uniti ha fatto scalpore la storia di Phillip Dupont, che ha speso oltre 100mila dollari per avere due cloni del suo Melvin, cane a cui il veterinario di Lafayette, in Louisiana, era molto affezionato.Massimo Gaggi sul Corriere della Sera spiega che il veterinario era legatissimo al suo cane e quando lo ha visto invecchiare ha deciso di provare la strada della clonazione:“Aveva letto degli esperimenti del Sooam: molto costosi, certo, ma il figlio lo ha incoraggiato: «Spendi tanti soldi ma lo fai per qualcosa che ami». Il primo tentativo è fallito: i tessuti di Melvin, prelevati dall’interno della sua guancia, sono stati sottoposti a un trattamento genetico. Poi il suo Dna è stato iniettato nell’uovo di un «donatore», successivamente impiantato in una madre surrogata. Ma il cucciolo clonato che è nato nove settimane dopo è morto quasi subito di cimurro. Il tentativo, però, è stato ripetuto usando la stessa tecnica: così sono nati Ken ed Henry, due cuccioli molto simili al cane di Phillip che per un po’ sono cresciuti con lui. Quando Melvin è morto, qualche mese fa, il veterinario ha sofferto molto, ma si è consolato con i suoi cloni”.La clonazione però ha aperto un dibattito etico decisamente difficile, tra chi la definisce uno spreco o una scelta pericolosa e chi invece la ritiene giusta. Ma intanto i laboratori coreani hanno già clonato 600 animali e un laboratorio simile è nato in Texas:“È il caso di ViaGen una società basata in Texas che ha cominciato a offrire la clonazione di cani e gatti a un prezzo molto più basso di quello chiesto dal centro di ricerche di Seul: 50 mila dollari per un cucciolo di cane, 25 mila per un gattino. Il New York Post racconta che ViaGen ha già 30 clienti in lista d’attesa. Tra essi Dawn, un’arredatrice di 53 anni che non ha voluto rivelare il suo cognome perché non vuole finire sotto i riflettori della stampa. Vive in California, a Newport Beach. All’inizio di quest’anno ha deciso di provare a clonare il suo gatto siamese. I micini col suo stesso patrimonio genetico, messi al mondo a settembre, ora crescono sotto il vigile occhio dei veterinari di ViaGen. Se tutto va bene, verranno consegnati a Dawn prima di Natale.Del resto in questo campo anche la discussione, il tempo trascorso a macerarsi nei propri dubbi etici, l’incertezza sul da farsi e le divisioni all’interno di una famiglia, possono trasformarsi in business: a New York, ad esempio, Rick Eisenberg non ha ancora deciso se provare a clonare il suo vecchio cane, Rusty, morto alla fine di settembre. ViaGen gli lascia tutto il tempo necessario per completare il suo esame di coscienza, anche perché Rick ha già versato alla società 1.600 dollari per conservare il Dna di Rusty nelle sue celle frigorifere.I dubbi però non mancano e dissiparli non è certo facile:“Dubbi come quelli di Eisenberg non nascono certo oggi: i primi animali sono stati clonati alla fine degli anni Novanta e già cinque anni fa John Wolstendiek, un giornalista investigativo premio Pulitzer, pubblicò un libro, «Dog, Inc.» nel quale avvertì che il sogno di far sopravvivere alla morte fisica l’animale domestico più amato clonandolo era, appunto, solo un sogno: i due animali avrebbero avuto un patrimonio genetico simile ma non perfettamente identico, mentre il temperamento di un cane dipende anche dall’ambiente nel quale cresce. Oltre ai dubbi scientifici, però, Rick ne ha anche sul modo migliore di spendere i suoi soldi: «Non dimentico che Rusty era un animale abbandonato, l’avevo preso da un canile. E mi chiedo quanti altri animali potrei salvare coi soldi di una clonazione»”.

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