Uno solo per famiglia. Non di più. La Cina torna al (recente) passato. Ma non per arginare la crescita della popolazione. L’ ultimo provvedimento – promulgato dalla città di Qingdao, nella provincia settentrionale dello Shandong – impone ai cittadini di non superare il limite di un cane per casa. Non solo, obbliga i proprietari a vaccinare i propri animali, a dotarli di chip e a iscriversi a un’ anagrafe che riporti i dati dei quattro zampe e dei loro padroni. Il Comune ha anche pubblicato un manifesto con l’ elenco di «40 razze vietate», ovvero di quegli esemplari giudicati «pericolosi» per la società. Tra questi anche i cani lupo e i levrieri, oltre al gigantesco mastino tibetano, i pit-bull e i dobermann. Lo riporta il quotidiano della capitale Beijing Xinwen (Pechino Notizie) spiegando come l’«anarchia» dei sempre più numerosi cinofili cominci a essere un vero disagio per la collettività: «Troppi cani aggressivi provocano incidenti, inoltre c’ è un serio problema di igiene pubblica».

Qingdao non è l’ unica metropoli della Repubblica Popolare ad aver posto dei limiti riguardo gli animali da compagnia. Mentre quasi tutte le città cinesi ne regolano soprattutto la stazza, imponendo l’ acquisto di razze medio-piccole, per la prima volta una legge vieta esplicitamente la possibilità di ospitare più di un amico a quattro zampe alla volta. Certo una limitazione per chi ama la compagnia di questi animali. Ma, se guardiamo a pochi decenni fa, quando la propaganda maoista includeva i proprietari di cani tra i «nemici borghesi del popolo» e le Guardie rosse uccidevano qualunque quattrozampe gli si fosse parato davanti, la Cina ha fatto enormi passi in avanti in questo ambito. È stato Deng Xiaoping, l’ uomo che ha traghettato un Paese sull’ orlo del fallimento verso riforme e apertura, a sdoganare per primo gli animali da compagnia. Deng aveva due cagnolini (piccoli) in famiglia. Passione ben presto imitata dai primi cinesi arricchiti che attribuivano alla passeggiata serale un’ aura di status symbol, la «certificazione» dell’ appartenenza a un’ élite. Atteggiamento comprensibile se pensiamo che la Cina usciva da un periodo di sofferenza e ristrettezze, tanto che avere una bocca in più non umana da sfamare era considerato non un lusso, ma una follia.

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