cetaceo spiaggiatoIl Mediterraneo occidentale è stato teatro di mortalità collettiva causata da Morbillivirus: un duro colpo alla sopravvivenza delle popolazioni di Cetacei.
Il fenomeno è stato analizzato dallo studio  Mediterranean Fin Whales (Balaenoptera physalus) Threatened by Dolphin MorbilliVirus ed è pubblicato da Emerging Infectious Disease. Ne dà notizia l’Università degli Studi di Teramo, rimarcando che si tratta della priva volta che uno studio, interamente “made in Italy”di ambito cetologico e cetopatologico, approda alle pagine della rivista.

L’articolo è il frutto della collaborazione fra il team dell’Università degli Studi di Teramo, coordinato da Giovanni Di Guardo, e il team dell’Università degli Studi di Padova, coordinato da Sandro Mazzariol, oltre che degli Izs del Piemonte-Liguria e Valle d’Aosta, Lazio e Toscana e della Sardegna.

«Nel corso degli ultimi 25 anni ‒ ha spiegato Giovanni Di Guardo, docente di Patologia generale e fisiopatologia veterinaria dell’Università di Teramo ‒ il Mediterraneo occidentale è stato teatro di almeno quattro episodi di mortalità collettiva causati da Morbillivirus, che hanno inferto un duro colpo alla già precaria sopravvivenza e conservazione delle popolazioni di Cetacei, con particolare riferimento alla stenella striata (Stenella coeruleoalba) e al globicefalo (Globicephala melas)».

«I morbillivirus ‒ ha proseguito ‒ costituiscono un folto gruppo di agenti biologici, fra i quali i virus del morbillo umano e del cimurro del cane, virus patogeni presenti in numerose specie di vertebrati e, a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta, segnalati anche nei mammiferi acquatici, con almeno dieci drammatiche epidemie morbillivirali finora identificate in diverse specie e popolazioni di Pinnipedi e di Cetacei del Pianeta. Di particolare interesse risultano le infezioni da Morbillivirus con esclusivo coinvolgimento della compagine cerebrale dell’ospite, osservate con crescente frequenza nelle stenelle striate del Mediterraneo occidentale, che presentano una serie di intriganti analogie con le controparti lesive proprie sia dell’infezione morbillare umana sia di quella cimurrosa del cane. Altrettanto interessante quanto preoccupante appare il progressivo ampliamento dello “spettro d’ospite” del virus cui si sta assistendo nel bacino del Mediterraneo e in altre regioni geografiche; ciò risulta chiaramente testimoniato dagli episodi d’infezione recentemente descritti in specie quali il capodoglio (Physeter macrocephalus) e la balenottera comune (Balaenoptera physalus). A tal proposito, merita una menzione del tutto speciale il documentato riscontro, fra il 2011 ed il 2013, di ben cinque casi d’infezione morbillivirale in esemplari di balenottera comune all’interno del “Santuario Pelagos”, una vasta area marina protetta situata tra Italia, Francia e Principato di Monaco».

«L’articolo pubblicato da “Emerging Infectious Diseases” ‒ ha concluso Di Guardo ‒ descrive questi cinque episodi d’infezione, il cui ceppo virale è risultato pressoché identico a quello responsabile delle due drammatiche epidemie del 1990/1992 e del 2006/2008 nel Mediterraneo occidentale. Un ulteriore elemento di significativo interesse è stato altresì identificato nella comprovata e finora inedita presenza dell’infezione da Morbillivirus in un individuo neonato, verosimilmente conseguente alla trasmissione dell’agente virale per via materno-fetale. Sulla base di questi dati, appare dunque più che lecito ascrivere anche la balenottera comune fra le specie suscettibili e vulnerabili nei confronti dell’infezione da Morbillivirus, soprattutto per quel che concerne la popolazione residente all’interno del “Santuario Pelagos”».

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