Al di là di essere un gesto di inciviltà e disaffezione, abbandonare un cane o un gatto è un atto di estrema crudeltà e, malgrado gli appelli e le denunce delle associazioni di volontariato, il fenomeno si verifica con maggiore intensità nel periodo estivo.
Gli animali domestici abbandonati a se stessi, infatti, hanno spesso un destino segnato: dipendono dall’uomo per il cibo, l’acqua e le cure in caso di ferite e malattie. Privarli di ciò, ne decreterebbe la morte.

Anche se non si possono stabilire tutte le ragioni che inducono i padroni a compiere un gesto così atroce, chi abbandona compie a tutti gli effetti un reato disciplinato dall’art. 727 del codice penale. Cinicamente c’è da soffermarsi anche sul dispendio di denaro pubblico che ricade sull’intera collettività: considerato che per ogni cane il Comune paga circa 3,50 euro l’anno e nei canili convenzionati ci sono circa 1.700 randagi, le proiezioni del fenomeno sono davvero rilevanti.

Dal canto loro anche le associazioni animaliste cercano di arginare il reato di abbandono, incitando cittadini e istituzioni ad adottare indispensabili azioni di prevenzione, come le adozioni dai canili, la sterilizzazione, le colonie feline o il “cane libero accudito”. Questi ultimi due casi prevedono la microchippatura e la sterilizzazione dell’animale, che torna libero nel quartiere di provenienza perché affidato alle cure di un tutore, alternativa alla vita da reclusi di quei randagi che non trovano una famiglia disposta ad accoglierli in casa.

«Nel periodo estivo, il fenomeno dell’abbandono – dice Carmelo Oliveri, dell’ufficio animali randagi del Comune – diventa un vero allarme sociale. Noi cerchiamo di dare soccorso a tutti, ma è complicato contenere un fenomeno così ampio. Ne troviamo di continuo e siamo in forte difficoltà. I canili convenzionati sono pieni: “Nova Entra” a San Giovanni Galermo ne ospita circa 600; “La Porziuncola” di Catania, 120; “Acae”, a Mascalucia, 30. Siamo ricorsi anche ai canili di Caltanissetta e Regalbuto per dare alloggio ad altri 320 innocenti. Il Comune di Catania spende complessivamente quasi 1 milione e 400mila euro ogni anno. È una cifra non indifferente».

Il canile, comunque, non deve essere la soluzione al problema perché, a prescindere dalle condizioni e dalla vivibilità, è pur sempre una prigione dorata «in cui l’animale viene privato del bene più grande, la propria libertà – dice il presidente Enpa (ente nazionale protezione animali) di Catania, Cataldo Paradiso – Senza considerare i traumi dell’abbandono. Avvilente, oltre che incivile, è il caso in cui il gesto nasce non da una necessità, ma dalla scomodità di prendersi cura dell’animale in previsione delle vacanze estive. L’incremento di casi di abbandono, infatti, incrementano sempre in questo periodo, anche se non è possibile fare una stima precisa perché spesso il reato non viene denunciato, anzi. I cani a volte sono recuperati come randagi e quindi risulta impossibile procedere legalmente».

«Le associazioni di volontariato animaliste come l’Enpa – prosegue Paradiso – oltre a svolgere quotidianamente azioni di soccorso, sono impegnate in una permanente campagna di sensibilizzazione per avvicinare al problema persone e istituzioni. Anche noi, quindi, recuperiamo e soccorriamo animali, ma non abbiamo strutture idonee al loro ricovero. In casi di urgenza ci appoggiamo ai convenzionati avendo le dovute autorizzazioni, ma in effetti manca una struttura di degenza. Il dato tangibile è che il numero di randagi in circolazione è maggiori rispetto ai volontari che si possono occupare di loro. I canili comunali sono pieni e hanno non poche criticità. Per quanto tempo ancora dovremo vedere vagare in strada animali senza padrone? E, soprattutto, perché non usufruire di pensioni a loro dedicate? Accanto al fenomeno dell’abbandono, infatti, si pone per paradosso quello del business legato ai servizi. Ma questa è un’altra storia».

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