di Cecilia Gallotta

“Di 82 cani, ne sono morti almeno 11”. Non è passato neanche un anno da quando Stefano Fini ha ricevuto lo sfratto esecutivo dall’abitazione di via Catena 22, che ha dovuto definitivamente lasciare il 23 ottobre scorso assieme ai suoi numerosi amici a quattro zampe, smistati il giorno stesso fra il canile comunale, la Lega del Cane, e il canile privato di Castelnovo di Sotto, a Reggio Emilia.

“Tempo dieci giorni, e arriva la comunicazione della morte di Leon, il 3 novembre, di enterite – riporta Fini con tanto di certificati di decesso – e quella è stata l’unica di cui mi hanno avvisato. Degli altri casi sono venuto a sapere per conto mio: una volta stavo andando a prendere Freddy, bassotto tedesco a pelo corto, per chiedere di fargli passare l’inverno con me vista la sua sofferenza al freddo. Vengo così a sapere della mancanza di tre cani, che ‘sono stati rubati’ a dir loro: una cosa decisamente sospetta se penso che, guarda caso, sono tutti cani che soffrono il freddo”.

Ma ciò che ha fatto sbottare Fini, oltre alla mancanza di comunicazione e alla carenza di adeguate condizioni di sostentamento da lui riscontrate, è la “denuncia di maltrattamento arrivata dall’Asl e dal Comune dopo le prime morti e delle mie lamentele al riguardo”, a cui ha fatto seguito una sua puntuale querela, depositata nel gennaio di quest’anno.

“Dopo la querela si è bloccato tutto – riporta -: se già prima dovevo telefonare e chiedere il permesso per ogni singolo riguardo nei confronti dei cani, anche solo per portali a spasso, adesso non me li fanno più vedere”. Una cosa che preoccupa l’ex proprietario soprattutto dopo le “incongruenze legali” riscontrate sulla rintracciabilità degli animali: “Alcuni cani risultano affidati alla Lega del Cane quando invece fisicamente sono a Reggio Emilia” riporta, assicurando di aver verificato la cosa tramite il codice degli obbligatori microchip, dei quali le bestiole sono – ed erano – tutte fornite. Ancora, “un cane soffre di rogna demodettica, per la quale basta fare un bagno con un apposito prodotto, invece che lasciarlo mordere dal prurito fino a mangiarsi la pelle”.

Accantonata la speranza di riavere tutti i cuccioli con sé, che comporterebbe “una brigosa procedura burocratica, come se dovessi affittare un cane che non è mai stato mio”, a Fini non resta che “la voglia di fare giustizia per quello che i miei cani stanno patendo: finché vivono l’unica cosa che desidero è controllare come stanno, esattamente come faceva l’Asl quando veniva da me a esigere libretti, vaccini e quant’altro. Sarebbe più facile farlo se almeno fossero tutti a Ferrara, dal momento che l’accordo con Reggio Emilia è stato frutto di un vantaggio forse economico ma non certo di salute per i miei cani”.

E “a chi pensa che abbia tenuto così tanti cani solo per non pagare l’affitto – precisa Fini – ricordo che non ho più potuto pagarlo dopo la risoluzione del contratto che la proprietaria fece l’anno scorso”, ritenendo che un numero così ingente di bestiole potesse ricadere nella clausola che vietava di “tenere cose o animali pericolosi”.

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