Ormai in molte famiglie c’è un membro in più, con coda e due dita di pelo. Cane, gatto, coniglio nano o altro, per i bambini piccoli è un fratellino a tutti gli effetti, per gli anziani soli spesso è l’unica anima pia che si ricorda di loro e quando arriva la sua dipartita il dolore può essere ancora più profondo di quello che molte persone provano se chi muore è un parente o un amico. Il fatto è che, nella nostra cultura, questo livello di dolore non è ben compreso: se soffri per la perdita di un familiare stretto (umano) ti vengono concessi spazi e tempi per recuperare ed elaborare il lutto. Quando si tratta di un animale domestico, si ha vergogna ad andare a chiedere di stare a casa dal lavoro per un giorno. Ci sarà sicuramente chi ti ride alle spalle (o davanti, a seconda del tatto) perché hai avuto la temerarietà di chiedere al capo del personale, un giorno per la scomparsa del gatto. Solo gli amici stretti che hanno animali potranno consolare con parole sincere ed efficaci chi ha perso il suo.

Una particolare attenzione va riservata ai bambini e agli anziani, nei quali gran parte del benessere psicofisico dipende da una coda che si muove o dalle fusa sulle ginocchia di sera, quando il buio suscita ricordi e ombreggia le anime. In alcune nazioni esistono le Croci Blu cui si possono rivolgere le persone che necessitano di un sostegno aggiuntivo per loro o per i familiari che hanno subito la perdita. Il veterinario che ha seguito per anni la famiglia nel suo rapporto con chi è scomparso giuoca un ruolo fondamentale nel processo di elaborazione del lutto Nessuna università italiana ha mai perso (meglio, guadagnato) un solo minuto di tempo nell’insegnare agli studenti come comportarsi in questi casi, così ogni professionista si trova ad agire in maniera del tutto personale, con modi che sono legati al carattere e alla sensibilità di ognuno.

C’è sicuramente un modo sbagliato, per il veterinario, mediante il quale consolare il cliente che ha subito la perdita. Pete Wedderburn, un noto veterinario inglese, racconta al Telegraph la seguente esperienza. Un signore anziano aveva due gatti. Quando il primo è deceduto, ha ricevuto una lettera, da parte del suo veterinario, che esprimeva cordoglio e solidarietà. Egli era così commosso da questo gesto che mise la missiva assieme al collarino del gatto e ai suoi giochi preferiti in una sorta di scatola dei ricordi. Tre anni dopo, quando il suo secondo gatto morì, ricevette un’altra lettera dal veterinario. Ancora una volta, apprezzato il gesto, stava per deporla assieme alla prima quando si accorse che erano perfettamente identiche, anche se firmate da due veterinari diversi. L’anziano realizzò che non c’era alcuna solidarietà sentita verso quanto successo, ma solo un cinico tentativo, attraverso uno stampato uguale per tutti, di manipolare le emozioni di un proprietario colpito dal dolore, offrendogli un’ immagine sensibile e consolatoria del suo veterinario. L’anziano strappò le lettere e non fece mai più ritorno in quella struttura veterinaria.

La perdita può essere improvvisa (per trauma di solito) o prevista a causa di una lunga malattia che talvolta sfocia nella decisione di accelerarne il decorso, per una sofferenza ormai inutile e incompresa. In qualunque caso, dedicare il giusto tempo e le opportune parole a chi è nell’angoscia è un dovere. E una telefonata quando si fa sera e il buio esalta la solitudine è un gesto di quella grande solidarietà di cui ci riempiamo ogni giorno la bocca.

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