Trib. Milano Sez. X, Sent., 18-04-2012

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO

DECIMA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. AMINA SIMONETTI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 23499/2007 promossa da:

M.T. (C.F (…)),

ATTORE

contro

AVV. M.H. (C.F. (…)),

CONVENUTO

R.E. (C.F.(…)),

TERZO CHIAMATO

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La presente causa è stata proposta da M.T. contro M.H. e successivamente estesa alla terza R.E. per chiedere il risarcimento dei danni patrimoniali, per spese medico veterinarie sostenute e non patrimoniali, per la sofferenza provata nel vedere il proprio animale di affezione aggredito e leso (perdita di un occhio), conseguenti all’aggressione del suo cane pechinese di nome Alfa da parte del cane pastore tedesco di nome Beta, di proprietà della E. e al momento del fatto detenuto da H. che lo aveva al guinzaglio, fatto accaduto il giorno 9 febbraio 2007 in prossimità del portone della Residenza Cantone, scala 1 di Milano 2, Segrate dove si trovano le abitazioni dell’attrice e del convenuto. L’attrice ha dedotto che il cane Alfa era stato improvvisamente aggredito dal cane di razza pastore tedesco che era sprovvisto di museruola e che, portato al guinzaglio da parte di H., si era “avventato” contro il suo cane “mordendolo e ferendolo gravemente all’occhio sinistro”, tanto che, dopo vane cure, il pechinese era stato sottoposto ad intervento chirurgico di enucleazione del globo oculare. La difesa dell’attrice ha dedotto una responsabilità di M.H. sia ex art. 2052 c.c., credendo inizialmente che egli fosse il proprietario dell’animale, sia ex art. 2043 c.c. per non aver egli provveduto a custodirlo con la dovuta diligenza e accortezza, anche in considerazione del fatto che il pastore tedesco era sprovvisto della necessaria museruola, fatto per cui gli era stato possibile ferire a morsi il più piccolo cane pechinese.

Il convenuto M.H. si è costituito in giudizio e ha contestato la sua responsabilità ex art. 2052 c.c. deducendo di non essere il proprietario di Beta, cane di proprietà di una sua amica, R.E., di cui si prendeva cura, quando la proprietaria era impossibilitata a farlo, per limitati periodi dell’ anno e lassi temporali non superiori a qualche giorno lavorativo; ha contestato la colpa a lui addebitata rilevando che il cane Beta al momento del fatto era regolarmente assicurato al guinzaglio e che invece era stato il pechinese, libero da ogni strumento di controllo, a buttarsi con piglio minaccioso contro il lupo, infilandosi tra le sue zampe e provocando la lite da cui poi era uscito perdente e leso, data la differenza di mole tra i due animali; infine il convenuto ha fatto presente che nessun obbligo di legge gli imponeva di munire il cane pastore tedesco, razza esclusa dall’elenco delle 17 razze classificate come pericolose dal DM Ministero della Salute, assicurato al guinzaglio, anche della museruola, trovandosi in una via pubblica.

La proprietaria R.E. chiamata in causa dall’attrice ha contestato in fatto la responsabilità invocata nei suoi confronti, ma ha ammesso di essere proprietaria di Beta.

La causa, esperito il tentativo di conciliazione che non ha dato esito positivo, è passata in decisione senza l’assunzione delle prove ammesse.

Va preliminarmente darsi atto che la causa è stata assegnata al giudice che scrive a decorrere dal 28.3.2011.

Processualmente deve ritenersi ormai preclusa, per esigenze di economia processuale e di ragionevole durata del processo (Cass 4309/2010), ogni decisione sull’istanza di chiamata del terzo avanzata dalla terza nella sua comparsa di costituzione e rigettata con ordinanza 15.10.2008 dal giudice che ha istruito la causa.

Come si è detto l’attrice ha agito sia ex art. 2052 c.c. sia ex art. 2043 c.c..

La Suprema corte di legittimità (Cass 16023/2010) circa la responsabilità ex art. 2052 c.c. ha affermato che “La responsabilità indicata dall’art. 2052 cod. ctv., per il danno provocato da animali è caratterizzata dal fatto che i soggetti indicati dalla norma rispondono per il solo nesso di causalità fra l’azione dell’animale e l’evento del quale è chiamato a rispondere il proprietario dell’animale, oppure il soggetto che l’abbia utilizzato.

Nella norma, infatti, la responsabilità non si istaura tra una azione umana ed un evento dannoso, ma tra l’azione dell’animale e l’evento del quale è chiamato a rispondere il proprietario e l’utilizzatore, sulla base della mera relazione di proprietà o di uso intercorrente tra lui e l’animale, indipendentemente da ulteriori indagini che possano essere fatte sulla diligenza, prudenza o perizia di questi soggetti (Cass. 23.1.2006, n. 1210).

3.2 Trattasi, quindi, di un’ipotesi di responsabilità oggettiva. Il limite di un tal tipo di responsabilità è rappresentato unicamente dal caso fortuito, di cui incombe la prova al medesimo proprietario (o utilizzatore), e che non può attenere propriamente al comportamento del medesimo, ma a quello dell’animale (Cass. 09/01/2002, n. 200).

Ciò non toglie che dell’azione dell’animale possa rispondere anche altro soggetto, svincolato da un rapporto di custodia, ma in questo caso si tratterà di responsabilità aquiliana ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., la quale presuppone l’accertamento del dolo o della colpa, e può concorrere con quella indicata dall’art. 2052 cit. (Cass. sent. n. 3558 del 1965; n. 3558 del 1969).

3.2. La legge individua come soggetti responsabili il proprietario dell’animale e colui che “se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso”.

Il rapporto tra questi due soggetti è alternativo (come si ricava dall’uso della congiunzione disgiuntiva “o”) sia nel senso che i due soggetti possono avvicendarsi tra di loro (e quindi la presenza di uno dei soggetti non esclude quella dell’altro), sia nel senso che la concreta responsabilità dell’uno si contrappone a quella dell’altro; la configurazione della responsabilità di uno dei due soggetti esclude, cioè, quella dell’altro.

Per individuare quando si verifica la situazione di responsabilità alternativa e, soprattutto, quali sono le condizioni nelle quali il soggetto diverso dal proprietario risponde, la portata dell’art. 2052 cod. civ., non deve essere circoscritta ai soli casi in cui il soggetto diverso dal proprietario vanti sull’animale un diritto reale, o personale, di godimento che escluda ogni ingerenza del proprietario sull’utilizzazione dell’animale, come pure è stato ritenuto (Cass. n. 116 del 1979).

Infatti, a parte la considerazione che questa ricostruzione comporta il doppio inconveniente, da un lato che il proprietario risponderebbe sempre in base al diritto dominicale e, dall’altro, che si potrebbe verificare la sospensione dei diritti del proprietario sull’animale a tutto vantaggio dell’utilista, con eliminazione, quindi, del carattere dell’avvicendamento tra i due soggetti presupposto dalla legge, occorre rilevare che l’art. 2052, non contiene una regola di distribuzione tra più soggetti delle utilità ricavabili da un medesimo bene (come, rispettivamente, accade nella disciplina dell’usufrutto di cui agli artt. 981 ss. cod. civ., o dei rapporti associativi di cui agli artt. 2141 ss. c.c.), ma è norma di individuazione della responsabilità dei singoli, collegata, nel caso in esame, alla condizione di proprietario o utilizzatore. Ed è proprio il carattere di individuazione della responsabilità per danno, quindi, la giustificazione della doppia indicazione dei soggetti contenuta nell’art. 2052 cod. civ..

3.3. Il rapporto dal quale deriva la responsabilità dell’altro soggetto indicato dipende da un qualsiasi potere di utilizzare l’animale, con il consenso del proprietario, per la realizzazione di un interesse autonomo dal quale trarre profitto, anche se quest’ultimo non è quello stesso che il proprietario avrebbe tratto o di fatto traeva.

Potere di utilizzazione, quindi, che non nasce solo da uno specifico diritto reale o personale di godimento, ma che può derivare anche da un rapporto di fatto (reso giuridicamente rilevante dall’art. 2052 cod. civ.) con l’animale, collegato all’utilizzazione, sia pure temporanea, nel proprio interesse.”

In applicazione di tali principi e considerando gli elementi che risultano agli atti e cioè che :

la terza R.E. costituendosi in giudizio non ha contestato di essere la proprietaria del cane Beta (il fatto risulta dal doc.2 e 3 della terza), né ha contestato le circostanze allegate sul punto dal convenuto circa il fatto che il cane lupo gli veniva affidato solo precariamente e occasionalmente, quando ella era impossibilitata, per ragioni di lavoro, a prendersene cura;

è pacifico tra tutte le parti in causa che le lesioni subite dal cane Alfa sono state cagionate dal cane Beta in occasione del contrasto intercorso tra i due animali;

manca la prova, che avrebbe dovuto offrire parte terza o il convenuto, del caso fortuito, ossia dell’intervento di un fattore esterno idoneo a interrompere il nesso di causalità tra il comportamento dell’animale Beta e l’evento lesivo, comprensivo anche del fatto del terzo o del fatto colposo dello stesso animale danneggiato (Alfa) o della sua proprietaria, che abbia avuto efficacia causale esclusiva nella produzione del danno, o generativa; le prove allegate dal convenuto e dalla terza erano del tutto inidonee a dimostrare l’interruzione del nesso causale tra la condotta del loro cane e le lesioni riportate dal pechinese. Sul punto va detto che anche se si volesse ritenere dimostrato che il pechinese era senza guinzaglio, ciò non sarebbe sufficiente per giungere alla conclusione che era stato quest’ultimo cane ad aggredire il pastore tedesco infilandosi sotto alle sue zampe, mordendolo tanto da sollecitarne, comprensibilmente, una reazione di difesa.

Da tali elementi di fatto consegue la condanna di R.E. ex art. 2052 c.c., quale proprietaria del cane pastore Tedesco Beta, a risarcire i danni subiti da M.T. il cui cane è stato ferito dal cane Beta. L’attrice ha diritto al risarcimento dei danni patrimoniali richiesti che corrispondono alle spese mediche sostenute per la cura del cane Alfa, spese che si è dimostrato, con la produzione dei documenti dal n. 7 al n. 12, ammontarono ad Euro 680,83; trattandosi di obbligazione di valore la somma si liquida in moneta attuale, ragguagliando il valore del denaro dal mese di febbraio 2007 alla data della sentenza in base agli indici istat FOI, in Euro 763,00, oltre ad Euro 82,00 per interessi compensativi che spettano, dato il ritardo nel risarcimento del danno, dalla data del fatto illecito alla data odierna e sono calcolati secondo un sistema di calcolo informatico nel rispetto dei principi della Corte di Cassazione (Sent S.U. 1712/1995).

Non può, invece, essere riconosciuto il danno non patrimoniale richiesto in citazione per il forte turbamento sofferto dall’attrice a causa della malattia e menomazione patita dal suo cane: infatti non è riconducibile ad alcuna categoria di danno non patrimoniale risarcibile la sofferenza per la malattia di un cane indicato come animale di affezione, in quanto essa non è qualificabile come danno consequenziale alla lesione di un interesse della persona umana alla conservazione di una sfera di integrità affettiva costituzionalmente tutelata (in senso conforme Cass. 14846/2007).

La domanda ex art. 2052 c.c. contro M.H. va rigettata in quanto egli non è il proprietario dell’animale che ha cagionato il danno all’attrice.

Va ora esaminata la domanda ex art. 2043 c.c. promossa in citazione in via alternativa contro M.H.; la domanda è stata fondata sul fatto che il convenuto non avrebbe provveduto a custodire l’animale non avendolo munito della museruola e non lo avrebbe sorvegliato con la dovuta diligenza. La domanda è infondata atteso che il cane di razza cane lupo trovandosi in una via pubblica assicurato al guinzaglio di chi lo accompagnava non doveva anche essere munito della museruola, come dispone l’art. 2 del D.M. 12 dicembre 2006 Ministero della Salute (doc. 6 fase, convenuto). Nessun altro concreto profilo di colpa del convenuto è stato provato dalla difesa dell’attrice che ne aveva l’onere, le prove dedotte sono irrilevanti.

Nonostante il rigetto della domanda dell’attrice contro il convenuto, mancano i presupposti per accogliere la domanda ex art. 96 c.p.c. proposta dal convenuto, atteso che l’azione è stata proposta nei suoi confronti sul presupposto che egli fosse il proprietario del cane lupo, circostanza che H., sebbene abbia intrattenuto corrispondenza prima del giudizio con l’attrice e il suo legale, non ha mai inteso smentire, se non con la costituzione in giudizio.

Quindi rigettata la domanda contro M.H.R.E. è condannata a pagare all’attrice la somma di Euro 763,00 per capitale ed Euro 82,00 per interessi compensativi, oltre ad interessi al tasso legale sulla sola somma capitale dalla data della sentenza al saldo effettivo.

Le spese tra attrice e terza vengono decise secondo la soccombenza e liquidate in dispositivo, secondo il valore della controversia e l’importanza della questione tratta; le spese processuali tra attrice e convenuto, nonostante il rigetto della domanda, vengono interamente compensate posto che il convenuto non ha fatto presente alla controparte se non con al momento della costituzione in giudizio di non essere il proprietario che aveva in custodia.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:

Accoglie in parte la domanda dell’attrice e condanna R.E. a pagare a M.T. la somma di Euro 763,00 per capitale ed 6 82,00 per interessi compensativi, oltre ad interessi al tasso legale sulla sola somma capitale dalla data della sentenza al saldo effettivo.

Rigetta ogni domanda dell’attrice contro M.H.

Rigetta la domanda ex art. 96 c.p.c.

Condanna altresì R.E. a rimborsare alla parte attrice le spese di lite, che si liquidano in Euro 200,00 per spese, Euro 1.071 per diritti, Euro 800,00 per onorari, oltre i.v.a., c.p.a. e 12,50 % per spese generali.

Compensa tra convenuto e attrice le spese di lite.

0 Comments

Leave a reply

©2024 ForumCani.com