Era l’aprile del 2014 quando un pastore di Irgoli, in provincia di Nuoro, venne sorpreso dai carabinieri mentre trascinava un cane legato al gancio traino della sua auto per diversi chilometri fino a ucciderlo.

“Doveva essere punito” per i danni commessi nella sua campagna, aveva dichiarato l’allevatore ai Carabinieri di Siniscola che avevano fermato l’auto.

Una “punizione” esemplare, inflitta in modo talmente spietato che quando venne rinvenuto dai Carabinieri il cane respirava ancora, ma aveva gran parte dei tessuti lacerati, intravedendosi in alcune parti la pelle viva. Una punizione da tramandare al figlio minore che accompagnava in macchina l’allevatore.

Un episodio che lascia sgomenti per la rara ferocia e per il substrato culturale che lo sottende: all’animale non è riconosciuta alcuna sensibilità, si può disporre della vita e della sua morte. Anche la tortura è “autorizzata” al punto che non c’è alcuno scrupolo a infliggergli il martirio in una pubblica via.

Un martirio che, come avevamo già dichiarato, non abbiamo dimenticato ed è per questo motivo che lunedì 1 febbraio saremo in Tribunale a Nuoro e ci costituiremo parte civile, annunciando fin da adesso che l’eventuale risarcimento sarà interamente devoluto a attività di contrasto al randagismo e di promozione di un corretto rapporto uomo/animali, attività fondamentali che tutte le istituzioni competenti devono mettere in atto da subito per prevenire la violenza sugli animali e la loro uccisione.

Ilaria Innocenti
Responsabile Settore Cane e Gatti

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