Afronte del “persistere di numerosi episodi” di avvelenamento di animali domestici e selvatici, il Ministero della Salute ha deciso di prorogare di 12 mesi l’Ordinanza “Norme sul divieto di utilizzo e di detenzione di esche o di bocconi avvelenati” del 13 giugno 2016. A questo proposito, tramite un comunicato pubblicato sul sito www.anmvioggi.it, l’Associazione Nazionale Medici Veterinari ricorda l’iter stabilito per legge al fine di combattere questi gravi episodi: «Il proprietario o il responsabile dell’animale – si legge -, deceduto a causa di esche o bocconi avvelenati o che abbia manifestato una sintomatologia riferibile ad avvelenamento, segnala l’episodio ad un medico veterinario che emette la diagnosi di sospetto avvelenamento, corredata da referto anamnestico». A questo punto è il veterinario che, dopo aver emesso la diagnosi di “sospetto avvelenamento di un esemplare di specie animale domestica o selvatica”, deve immediatamente informare il Sindaco, il Servizio Veterinario dell’ASL e l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale territorialmente competente. «L’Azienda Sanitaria Locale – spiega il comunicato ANMVI – può autorizzare il medico veterinario libero professionista o il proprietario dell’animale ad inviare direttamente all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale le carcasse di animali deceduti per avvelenamento, i campioni biologici, nonché le esche o i bocconi sospetti». Le analisi vengono effettuate in tempi rapidi: «Gli esami necroscopici sugli animali morti per sospetto avvelenamento sono eseguiti e refertati entro 48 ore dal loro conferimento e gli esiti comunicati immediatamente alle autorità competenti e al veterinario richiedente».
Qualora si debbano analizzare esche o bocconi sospetti, il referto deve essere rilasciato entro 24 ore dal loro conferimento, con tempestiva comunicazione dei risultati alle autorità competenti ed alla persona che abbia inoltrato la richiesta.
«Gli esiti delle valutazioni sulla conferma o meno del sospetto di avvelenamento sono immediatamente comunicati dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di prima accettazione al medico veterinario che ha segnalato l’evento, alle autorità competenti e, in caso di conferma del sospetto avvelenamento, all’autorità giudiziaria. Gli accertamenti di laboratorio chimico-tossicologici, ove ritenuti necessari per la rilevazione delle sostanze tossiche – prosegue la nota -, sono conclusi e refertati entro 30 giorni dall’arrivo del campione in laboratorio e gli esiti comunicati dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di prima accettazione al medico veterinario che ha segnalato l’evento, alle autorità competenti e, in caso di accertato avvelenamento, all’autorità giudiziaria».
Se le analisi riguardano un campione composto soltanto da esche o bocconi sospetti, è necessario che questo venga prima sottoposto ad «un esame ispettivo atto ad evidenziare la presenza di materiali nocivi, compresi vetri, plastiche e metalli o materiale esplodente. In caso di riscontro positivo sui campioni, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale deve darne immediata comunicazione al medico veterinario che ha segnalato l’evento, alle autorità competenti e all’autorità giudiziaria». Il sindaco ha quindi il compito di disporre l’apertura di un’indagine, ed è tenuto ad ordinare, entro 48 ore dalla ricezione del referto dell’IZS, la bonifica della zona oggetto del ritrovamento dell’esca venefica, che verrà segnalata con apposita cartellonistica: qui inoltre si dovranno «intensificare i controlli da parte delle autorità preposte nelle aree considerate a rischio sulla base di precedenti segnalazioni».
Il Prefetto, un rappresentante del Servizio Vetrinario delle ASL e dell’IZS competente per territorio, ed uno o più rappresentanti dell’Ordine Provinciale dei Medici Veterinari vanno a comporre il Tavolo di Coordinamento a cui è affidata la gestione degli interventi. «La presenza di veleni o sostanze tossiche abbandonate nell’ambiente – conclude la nota sul sito del quotidiano dell’ANMVI – rappresenta un serio rischio per la popolazione umana, in particolare per i bambini, ed è anche causa di contaminazione ambientale, oltre che di danni al patrimonio faunistico, comprese le specie in via d’estinzione. L’Ente gestore territorialmente competente o il Sindaco sono responsabili per gli animali selvatici e domestici senza proprietario».

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