Che cosa rende davvero originale un personaggio a fumetti? E cosa vuol dire in fin dei conti “originale”? La recente pubblicazione integrale in volume della serie Blacksad di Canales e Guarnido permette qualche riflessione a riguardo.

Di gatti e topi la storia del fumetto è piena. Eppure, quando una decina d’anni fa m’imbattei nella prima avventura in Bande dessinée del Blacksad, ideato da Juan Díaz Canales (scrittore)  e Juanjo Guarnido (disegnatore) mi sembrò davvero una novità, nonostante al tempo stesso tutto in quelle vignette fosse intriso di déjà-vu.

Blacksad è nero di pelo e di genere, è triste di nome e di vissuto. Le avventure di questo gatto, investigatore privato in una America (alternativa) anni Cinquanta, grondano hard-boiled in ogni inquadratura. Ambientate in un mondo feroce, un mondo da cani, oltre che da gatti, ippopotami e giaguari, le vicende combinano la narrativa di Raymond Chandler con la favolistica di Esopo e La Fontaine. Guardano al maturo disincanto fumettistico di Alack Sinner e Torpedo ma mantengono, in certe gag, l’esplosiva energia visiva dei comics e dell’animazione disneyana (da cui Guarnido, come autore grafico, proviene).

Guarnido riesce a donare una peculiare concretezza plastica a questo universo figurativo fatto di bestie umanizzate. Canales è altrettanto efficace in termini di scrittura della scena a delineare i caratteri dei personaggi come un coacervo inestricabile di istinti primari e sentimenti umanissimi. I personaggi di Blacksad sono animali condannati ad essere uomini e che, nella loro umanità, trovano la dannazione.

Blacksad

Come ha rilevato il critico Thierry Groensteen:

Un animale che parla e che si comporta come un umano determina una anomalia [narrativa]. Tuttavia la dimensione antropomorfica può, in una certa misura, farsi dimenticare e passare agli occhi del lettore per una semplice convenzione di racconto… In Blacksad l’anomalia crea nondimeno un sentimento di estraneità alla connivenza parodica, perché niente negli intrecci riporta a una intenzione comica o satirica… (Thierry Groensteen, Parodies: la bande dessinée au second degré, 2010 Flammarion).

In questo elemento “disturbante” emerge l’aspetto davvero peculiare della serie: una chiosa dotta, e al tempo stesso cinicamente divertita, a millenni d’antroporfismo, dalle favole letterarie già citate agli illustratori dell’ottocento come Doré e Grandville, fino al Maus di Spiegelman. Blacksad non sarebbe credibile per il pubblico come personaggio finzionale (e di conseguenza come prodotto editoriale), se non vantasse nel suo DNA – per rimanere al genere felino – i vari Felix, Krazy Cat, Fritz… I precedenti fumettistici alimentano l’immaginario e ne sostengono la poetica espressiva.

Blacksad

In sostanza, l’originalità di Blacksad lavora per “addizione”. La serie esibisce le somiglianze con storie e personaggi che l’hanno preceduta, perché solo cogliendo quei rimandi, il lettore arriva a godere contestualmente delle differenze presenti in queste storie.

Presi uno per uno, nessuno degli ingredienti mescolati dagli autori risulta davvero sconosciuto al palato dei lettori gourmand del buon fumetto. Ma poi c’è il sapore del piatto finale che gli chef Canales e Guarnido ci servono in tavola, o meglio in ogni tavola del fumetto, è quello sì risulta, se non proprio inedito, comunque incredibilmente gustoso.

Blacksad

Su tutto, resta la singolarità di questo gatto detective così felino e così umano. D’altronde, come rilevava il cantore dell’hard-boiled letterario Raymond Chandler:

Un gatto si comporta come se fosse lui stesso il suo unico punto di riferimento in un’esistenza per il resto opaca… Ma questo è solo un altro modo per dire che un gatto non è un sentimentale, ma non vuol dire che non provi affetto.

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