SASSARI. È l’unica attrice che non si offende se dicono di lei che recita come un cane. Birba, che di recente ha calcato le scene con Valeria Golino e Alba Rohrwacher, in effetti è un cane, anzi una cagnona, di razza pastore fonnese. Saper stare davanti alla cinepresa è solo una delle sue doti. L’altra, molto più preziosa, è quella di saper individuare un ferito seguendo il proprio olfatto e un intuito impressionante.

È Birba, attrice a quattro zampe nel film “Figlia mia” di Laura Bispuri, la più famosa dei sette partecipanti al corso di addestramento per cani molecolari specializzati nella ricerca dei superstiti in superficie e sotto macerie. Lo stage si è concluso nei giorni scorsi a Serra Olzu, condotto dal Gruppo cinofilo “Parla col Cane” e da Gabriele Tosciri, medico veterinario esperto in comportamento del cane.

In due giorni gli istruttori hanno preparato sette animali (e i rispettivi conduttori) a prendere o a rinnovare un brevetto per la ricerca di dispersi in superficie e su macerie. Tra i protagonisti a quattro zampe, tutti grandi eccellenze, c’erano due esemplari i cani di origine sarda: pastori fonnesi. E questa è una novità assoluta.

La “squadra” era composta dalla pitbull Lulù, da Birba (conduttore Gabriele Tosciri); dal golden retriever Peppino condotto da Cristina Canu, dalla border colly Cora guidata da Maria Antonietta Dedola, dal meticcio Ginger condotto da Laura Sole. Hanno preso il brevetto anche il cane lupo cecoslovacco Vicki guidato da Laura Pani, il pastore fonnese Astula (conduttore Roberto Puddinu). I sette corsisti a quattro zampe impiegati in un addestramento davvero all’avanguardia.

«Gli esercizi consentono lo sviluppo di uno stato positivo dell’esemplare – spiega Gabriele Tosciri –. Il cane svolge l’attività con piacere. Ciascuno degli “alunni” segue con il proprio padrone uno specifico programma adatto alle specifiche attitudini».

Allo stato attuale, la ricerca mediante il cane rappresenta il metodo più efficace di ritrovamento di superstiti in superficie. Attraverso l’uso dell’olfatto, i cani “molecolari” riescono con facilità a sentire la presenza di un uomo in qualsiasi luogo esso si trovi. Questi animali sono perciò un infallibile metodo di ricerca che supplisce all’assenza di strumenti meccanici adeguati. «Non esistono macchine in grado di ritrovare cadaveri o persone ferite all’interno di un bosco – prosegue Tosciri –. La vista di un pilota di elicottero non è spesso in grado di ritrovare un uomo disperso, mentre una chiamata tempestiva faciliterebbe il lavoro di ritrovamento».

Le unità cinofile sono state promosse dal giudice dell’Enci (Ente nazionale della cinofilia italiana) Fabrizio Bonanno. In caso di necessità, i sette cani saranno reperibili in tutto il territorio della provincia. E oltre se necessario. La speranza degli allenatori è che anche in Sardegna si diffonda la cultura dell’impiego dei cani molecolari.

Il conseguimento dei brevetti segna un successo per Tosciri e il suo team “Parla col Cane” e per i cani sardi che sono stati ammessi per la prima volta dall’Enci e che vanno ad aggiungersi alle sedici le razze autoctone italiane di antica origine, ognuna interessante sia per la tipica morfologia che per attitudini naturali e temperamento. Una soddisfazione ulteriore per il veterinario cinofilo. «Il pastore fonnese, come i due ammessi dall’Enci tra i cani molecolari, in passato era conosciuto per le sue doti di attento guardiano capace di disarcionare da cavallo un male intenzionato – racconta Tosciri –. Oggi stanno emergendo altre doti, tra le quali essere collaboratore in diverse attività sociali». Anche la prova della docile

Birba sul set di “Figlia mia” sfata «vecchie credenze – conclude il veterinario – che vedono in questa razza cani poco duttili e prevalentemente aggressivi. Se ben guidati, nel rispetto delle caratteristiche di razza, sono invece ottimi alleati dell’uomo». E i suoi potenziali salvatori.

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