di Katja CasagrandaCon un omaggio allo scrittore Jack London sarà in scena per il settimo appuntamento con la Stagione di Prosa 2015-2016 Marco Paolini a Trento. Titola infatti “Ballata di uomini e cani” lo spettacolo che riporta a Trento l’attore ed autore bellunese dopo ben 18 anni dal suo monologo “Il Milione-Quaderno veneziano”. L’appuntamento quindi è a Teatro Sociale da giovedì 11 a domenica 14 febbraio. Nella consueta programmazione del giovedì al sabato nel serale delle ore 20,30 mentre nel pomeridiano della domenica alle ore 16. Mentre il venerdì, 12 febbraio, alla rappresentazione si accompagnerà anche l’appuntamento con il Foyer della Prosa. Appuntamento che si tiene presso il Ridotto di Teatro Sociale con inizio alle ore 17,30 in forma libera e gratuita a cui sarà presente lo stesso Marco Paolini. I Foyer della Prosa sono un appuntamento di approfondimento critico che il Centro Sevizi Culturali Santa Chiara propone in collaborazione con il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento. Lo spettacolo “Ballata di uomini e cani” si compone di tre racconti, di cui Macchia, Bastardo e Preparare un fuoco, che Paolini ha trascritto oralmente nella traduzione di Davide Sapienza e nei quali uomini e cani sono coprotagonisti. Lo spettacolo ha la forma di un canzoniere teatrale, con brani tratti da opere e racconti di Jack London e con musiche ad essi ispirate che non svolgono funzione di accompagnamento, ma di narrazione, alternandosi e dialogando con la forma orale. Le canzoni sono state composte da Lorenzo Monguzzi, che le canta dal vivo accompagnandosi con la chitarra, affiancato in palcoscenico da Angelo Baselli al clarinetto e da Gianluca Casadei alla fisarmonica. “ A Jack London – scrive Paolini – devo una parte del mio immaginario di ragazzo, ma Jack non è uno scrittore per ragazzi, la definizione gli sta stretta. È un testimone di parte, si schiera, si compromette, quello che fa entra in contraddittorio con quello che pensa. È facile usarlo per sostenere un punto di vista, ma anche il suo contrario: ‘Zanna Bianca’ e ‘Il richiamo della foresta’ sono antitetici. La sua vita è fatta di periodi che hanno un inizio e una fine e non si ripetono più. Lo scrittore parte da quei periodi per inventare storie credibili dove l’invenzione affonda nell’esperienza, ma la supera. La produzione letteraria è enorme, e ancor più lo è pensando a quanto poco sia durata la sua vita. Sono partito da alcuni racconti del grande Nord, ho cominciato questo spettacolo raccontando le storie nei boschi, nei rifugi alpini, nei ghiacciai. Ho via via aggiunto delle ballate musicate e cantate da Lorenzo Monguzzi. Ma l’antologia di racconti è stata solo il punto di partenza per costruire storie andando a scuola dallo scrittore” Il racconto “Macchia” è ironico e lieve e parla si un cane con un occhio nero, bello, simpatico e furbo, troppo furbo. L’unico cane da slitta che non sa, o non vuole tirare. Un cane con sentimenti quasi umani, che sente come suoi i diritti degli uomini. Un cane che ha sempre fame, che ruba e uccide, per gioco e per furbizia, polli, conigli e quant’altro di commestibile. L’unico cane che annusa la carestia in tempo per andarsene prima di diventare cibo per gli umani. Un cane con un senso dell’orientamento disarmante, capace di ritrovare i suoi proprietari che cercano di liberarsene con rocamboleschi quanto inutili stratagemmi. Si passa quindi ad un altro tono di narrazione con il racconto in cui il protagonista da il nome al titolo ossia “Bastardo”. Il cane protagonista è il compagno di Black Leclère, suo padrono, e i due sono legati da un sentimento di odio. Quel nome contraddistingue questo cane, scelto fra altri cuccioli perché brutto e ringhioso. I due cresceranno in simbiosi, nel freddo, nella fatica, nella paura reciproca. In un crescendo che sembra culminare in una lotta disperata tra i due, in cui il cane semi-distrutto dalle bastonate ancora ringhia il suo odio. Leclère non lo finisce, ma lo cura; cura prima le sue ferite di quelle infertegli dal cane. Entrambi si riprendo, ciascuno coltivando la dipendenza dall’altro, fino a quando Leclère, per errore non finirà con il cappio al collo. Il terzo racconto infine è la scintilla da cui è scaturito lo spettacolo. “To build a fire – Preparare un fuoco”. Non accendere, ma preparare. La storia, piùvolte riscritta dallo stesso Jack London è quella di un uomo e del suo cane, entrambi senza nome, che durante la corsa all’oro, nello Jukon tentano una strada diversa, più breve ma più rischiosa. Partire da solo, contando solo su se stesso, ignorando i consigli dei vecchi sarà fatale all’uomo.

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