Martedì, 15 Marzo 2016 07:51

anisakisIl CRENA ha effettuato un monitoraggio, su decreto dall’assessorato regionale alla Salute, i cui risultati adesso sono stati pubblicati.
A studiare gli effetti che le larve dell’Anisakis possono provocare nell’uomo è il Centro di Referenza nazionale per le Anisakiasi (CRENA), che ha sede all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia, sotto la direzione di Vincenzo Ferrantelli,

Dalle analisi di circa 8 mila campioni, provenienti da tutte le province siciliane, è emerso che il pesce più infestato da queste larve è la spatola, seguito da suro, sgombro, merluzzo, scorfano e alici. Ma attenzione a non creare allarmismi. “La presenza di questi parassiti nel pesce è assolutamente normale, perché fa parte del naturale processo ecologico dei principali sistemi acquatici marini”, spiega Salvatore Seminara, commissario dell’Istituto Zooprofilattico.

A costituire una minaccia per l’uomo sono le larve dell’Anisakis, quando questi tipi di pesce vengono consumati crudi o poco cotti. Le conseguenze sono spiacevoli: dolori addominali, nausea, disturbi intestinali, a volte febbre, tutti i sintomi di una zoonosi conosciuta con il nome di Anisakiasi, ai quali possono associarsi manifestazioni di orticaria-angioedema, nota come “Anikasiasi gastro-allergica”. Se nelle forme meno gravi può essere sufficiente una terapia sintomatica, nella maggioranza dei casi si rende necessario un intervento chirurgico per la rimozione delle larve.

Cosa fare, dunque, per evitare questa malattia? Il metodo più efficace è la cottura superiore ai 60° centigradi per almeno un minuto fino al cuore del prodotto. Nel caso di pesce destinato a essere consumato crudo, i ristoranti, i sushi-bar devono avere l’abbattitore termico (strumento in grado di abbassare rapidamente la temperatura degli alimenti), utile per portare il pesce a -20 gradi per almeno 24 ore. Nel caso, invece, di consumo domestico, non avendo l’abbattitore, per evitare l’Anisakiasi si deve congelare il pesce in un freezer (contrassegnato con tre o più stelle) a temperature ancora più basse (-17 gradi) per almeno 96 ore.

Dallo studio dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale è emerso anche che la marinatura, le tecniche del carpaccio e della tartara non rappresentano un metodo sicuro per la bonifica del pesce infestato. (fonte)

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