Gli animali domestici sono una presenza sempre più rilevante nelle famiglie italiane, fino a raggiungere ormai lo stessa cifra di abitanti del Belpaese: circa 60 milioni. Cresce il loro numero, ma cresce anche il business che gli gira intorno (3,5% in un anno e 22,1% in cinque anni). Anche in provincia di Salerno, la settima in Italia per quantità di imprese. Secondo il quadro elaborato dalla Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi, su dati del registro imprese, quest’anno le aziende salernitane sono 244. Si tratta del 2,1% delle 11.764 operanti a livello nazionale. Il giro d’affari provinciale (nel 2016) è di 2 milioni di euro, sui 955 complessivi del Paese. Gli addetti impiegati sono 226 (1,6% del totale nazionale, 14.529). Tra gli imprenditori, il 23,1% sono giovani, il 40,1% donne e il 5,5% stranieri. Un anno fa, le imprese di Salerno erano 233: l’aumento è del 4,7%. E a testimoniare l’espansione del settore, cinque anni fa la cifra si attestava a 196 (+24,5%). Tira la pet economy, ma è pure un’industria del sentimento. Agli animali di casa, ormai, si riconosce una dignità umana. E come componenti del nucleo familiare, richiedono attenzioni adeguate. Ecco quindi l’offerta commerciale venire incontro a una domanda di nuovi servizi. Tra le imprese della provincia di Salerno, 30 si occupano di medicina veterinaria. Altre 55 di cure non strettamente mediche. La maggior parte (159), tuttavia, si dedica al commercio al dettaglio di piccoli animali domestici. Nessuna invece alla produzione di prodotti per l’alimentazione. Un segmento che, del resto, in Italia vede soltanto 130 imprese, di cui 4 in Campania (3 a Napoli, 1 a Caserta). La regione è ottava nel paese per ricavi (21 milioni). Ma è al nord dove la pet economy registra il boom, facendo il vero salto di qualità. Il primato inarrivabile va al Veneto (235 milioni di euro) e alla Lombardia (230 milioni). Insieme, sommano quasi la metà dei profitti in Italia. Un modello di business a cui guardare. Tra le province, primeggiano Padova (130 milioni), Milano (111 milioni), Torino (107 milioni), Vicenza (91 milioni). Roma vanta più imprese di tutte (1.082), seguita da Napoli (623), Milano (531), Torino (499) Bari (312) e Palermo (263). E il maggior numero di addetti si trova a Roma (1309), Milano (1.190) e Padova (825). Nulla di cui stupirsi, il settore non conosce crisi, ad ogni angolo del globo. Nel mondo, secondo Euromonitor International, il valore totale del mercato nel 2014, era di 98 miliardi di dollari, oltre 90 miliardi di euro. E come riportava l’anno scorso l’almanacco Cnr, in quattro case italiane su dieci c’è un animale domestico. Il 22,5% degli cittadini ne possiede uno, il 9,3% se ne concede due, il 4,1% arriva a tre e il 7,4% perfino più di tre. Il più gettonato resta il cane (60,8%), la piazza d’onore è del gatto (49,3%). Distanziati pesci e tartarughe (entrambi all’8,7%), uccelli (5,4%), conigli (5,2%), criceti (3,1%) e animali esotici (2,1%). Trovano amatori, inoltre, il cavallo (1,9%), i rettili (1%) e l’asino (0,4%). Ma quanto costa adottare un animale? L’Eurispes segnala che il 38,6% dei possessori non supera i 50 euro mensili, e più del 35% i 30 euro. Solo il 19% spende fino a 100 euro al mese. Cifre giustificate dall’acquisita importanza sociale dei pet nelle famiglie. «Sempre più persone anziane vivono con animali da compagnia – scrive il rapporto Assalco- Zoomark 2017, della Associazione Nazionale Imprese per l’Alimentazione e la Cura degli Animali da Compagnia – , molto spesso prendendosene cura personalmente ogni giorno: nello specifico, ben il 39% degli over 65 vive con un animale d’affezione, pari a 2,1 milioni di individui. È stato dimostrato, infatti, che i pet hanno effetti benefici nelle persone più anziane, favorendo il buonumore, le relazioni personali e l’attività fisica. Ad esempio, una camminata di un’ora al giorno col proprio pet contribuisce al miglioramento della circolazione sanguigna, all’abbassamento della pressione e alla riduzione del colesterolo».

Gianmaria Roberti

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