gatto mangia

La storia del gatto incrocia quella dell’uomo 8000 anni prima di Cristo, momento che segnerebbe l’inizio del cosiddetto processo di domesticazione. Oggi la popolazione mondiale di gatti è stimata attorno al miliardo di individui di cui, però, soltanto il 3% è frutto di selezione da parte nostra: ciò significa che Felis catus (il gatto domestico), in realtà, ha subito soltanto in minima parte le restrizioni legate alla domesticazione (controllo della riproduzione, dell’alimentazione e dell’ambiente in cui vive).

A differenza del cane, la cui convivenza con noi ha determinato numerose modificazioni comportamentali e fisiologiche, il gatto domestico ha continuato a vivere e nutrirsi come il suo antenato ed è considerato, metabolicamente parlando, un carnivoro in senso stretto (obbligato).

Ma di cosa si nutrono i gatti quando si alimentano da soli?: i mammiferi (topi, arvicole, conigli) rappresentano indubbiamente la maggior parte delle prede (78%) seguiti, in percentuale decisamente minore, da uccelli, rettili, anfibi, pesci e invertebrati. In termini nutrizionistici questo si traduce in un’elevatissima esigenza di proteine e nutrienti di origine animale quali, ad esempio, gli aminoacidi taurina e arginina , le vitamine D, A e B3 (niacina) e gli acidi grassi polinsaturi arachidonico e docosaesaenoico, fondamentali nella dieta anche se in misura differente a seconda dell’età.

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La precisa richiesta energetica e nutrizionale del gatto è influenzata da diversi fattori quali l’età, lo stile di vita e/o particolari momenti fisiologici come la gravidanza, lo svezzamento e la lattazione. Le diete casalinghe, in linea teorica , potrebbero essere adottate per il gatto analogamente al cane, ma risulta quasi impossibile soddisfare a pieno le esigenze micro e macro nutrizionali del nostro felino coi cibi fatti in casa; oltre a ciò spesso si tende a somministrare cibi crudi che aumentano il rischio di contrarre malattie infettive. I cibi commerciali invece, umidi e secchi, vengono studiati e testati in maniera tale da coprire totalmente il fabbisogno dell’animale in ogni momento della sua vita, oltre ad essere più pratici. In generale l’alimento umido si avvicina di più come macro nutrienti alla composizione delle prede naturali del gatto (concentrazione elevata di proteine, lipidi quantitativamente superiori ai carboidrati) e risulta maggiormente gustoso; di contro, l’alimento secco presenta maggior completezza di micro nutrienti, aiutando nella prevenzione di diverse patologie feline influenzate dalla dieta, ed in più risulta economicamente meno caro. Un ottimo compromesso per la salute del gatto è il cosiddetto mix-feeding ovvero la somministrazione sia dell’umido che del secco.

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Lo sviluppo delle preferenze alimentari dei gatti è un processo complesso e ancora non del tutto chiarito. Nei felini selvatici è stato dimostrato un fenomeno definito “effetto monotonia” per il quale l’animale tende, ad un certo punto, a sviluppare una naturale avversione verso i cibi con cui è venuto in contatto maggiormente in passato: questo sembrerebbe garantirgli la capacità di variare la sua dieta in maniera tale da non rimanere mai in carenza di elementi essenziali per la sua sopravvivenza. Nel gatto domestico l’utilizzo di alimenti bilanciati e dai gusti variegati evita parzialmente questo processo, sebbene risulti spesso una vera e propria sfida trovare un cibo che aggradi il nostro amico a quattro zampe. Un altro fattore che influenza le preferenze “culinarie”  dei gatti domestici è  la dieta assunta dalla mamma durante il periodo di gravidanza e lattazione che risulterà gradita anche alla prole una volta svezzata.

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Infine, per quanto riguarda le modalità di somministrazione dell’alimento, bisogna partire dal presupposto che è praticamente impossibile riprodurre in maniera reale ciò che accade in natura, poiché l’atto del nutrirsi per il gatto è un processo complesso, con forti implicazioni predatorie-comportamentali e non soltanto una mera esigenza fisiologica. Un buon modo per cercare quantomeno di rispettare la natura del nostro “selvatico” coinquilino è quello di fornire il cibo in piccole quantità, molte volte al giorno; quando possibile, poi, l’ideale sarebbe porre più ciotole (o contenitori auto-eroganti) in diversi punti del territorio in cui vive (anche in zone dall’accesso difficile) in maniera tale da stimolarlo sia mentalmente che fisicamente a raggiungere la fonte di cibo. Non c’è un’evidenza scientifica reale nel preferire l’umido al secco e viceversa: molto fa la preferenza dell’animale e la comodità del proprietario. L’unica cosa da non dimenticare è di garantire sempre al gatto libero accesso ad una fonte di acqua.

 

 

Articolo a cura della Dr.ssa Martina Chiapasco, Clinica Veterinaria Dr.Borgarello

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