Martedì, 22 Marzo 2016 13:12

grana padanoIl Consorzio Grana Padano (4,6 milioni di forme l’anno -di cui oltre un milione nel Bresciano) sarà parte civile. I Caseifici:”noi vittime inconsapevoli”.

Il direttore generale, Stefano Berni, ha annunciato oggi  la volontà di costituirsi parte civile «nei confronti di quei caseifici per i quali si dimostrerà la consapevolezza di aver ritirato latte di stalla con valori di aflatossina superiori ai 50 nanogrammi per litro, anche se il latte di massa delle cisterne era inferiore ai limiti di legge».  Berni ricorda che è vietata la possibilità di diluire il latte contaminato con quello sano. Per questo «siamo intenzionati anche a querelare quelle aziende per le quali verranno dimostrati comportamenti dolosi». E ribadisce che «nessuna forma di formaggio contaminato è finita sul mercato».

Ritiri inconsapevoli e ritiri sottocosto- Il Consorzio attende di acquisire gli atti dell’inchiesta per valutare il comportamento dei singoli associati. «È chiaro però che non possiamo mettere tutti sullo stesso piano – aggiunge il direttore. C’è chi ha ritirato inconsapevolmente del latte di cisterna con valori inferiori ai 40 e addirittura ai 30 nanogrammi al litro. E quindi non aveva alcun obbligo di verifiche ulteriori: non poteva sapere che un singolo allevatore non stesse rispettando i parametri di legge». È il caso ad esempio di Gardalatte e San Vitale che si considerano “vittime inconsapevoli” e che ribadiscono di avere “rispettato i limiti di legge”.

“Discorso diverso – fa notare Berni- se, come stanno appurando le indagini, qualche caseificio sia andato alla ricerca di latte contaminato, ritirandolo addirittura sottocosto (si parla di 10 centesimi al litro). Al di là della consapevolezza o meno «il nostro legale ci ha confermato che le forme prodotte con latte che si sapeva essere “mescolato” dovranno ad ogni modo essere distrutte, anche se il valore di aflatossine risulterà inferiore ai limiti di legge di 275 nanogrammi al chilo, stabilito nel 2013 dal ministero della Salute».

Le forme sequestrate- Il Consorzio non intraprenderà una battaglia per dissequestrare le forme oggi sotto sequestro sanitario: «questo compete ai singoli caseifici – aggiunge Berni – mentre la nostra mission è la tutela del marchio e innanzi tutto dei consumatori». Ad oggi ci sarebbero circa 7mila forme di formaggio sotto sequestro (tra cui molte anche di provolone): ma sono solo lo 0,15% di quelle prodotte annualmente nelle regioni vocate al Grana Padano. Numeri molto esigui, anche se il direttore si chiede come mai il caso del latte alla diossina non sia emerso in altre province (e regioni). Anche in Veneto, in Piemonte, in Emilia diversi allevatori avranno utilizzato le farine di mais locale stressato dalle alte temperature della scorsa estate (previsto anche nel disciplinare del Parmigiano Reggiano, che vieta insilato e trinciato). Per tutti vale la stessa raccomandazione: «meglio vendere il proprio granoturco e acquistare mais comunitario, certificato».

Contraccolpi nel mercato – Berni ricorda che i media non hanno riportato notizie allarmistiche ma di stare comunque valutando con i loro creativi «la possibilità di partire con campagne di informazione per rassicurare i consumatori». “Il nostro latte – aggiunge- è il più controllato al mondo e credo che il marchio ne possa uscire ancora più rafforzato». Magari ci fossero gli stessi controlli per i prodotti lattiero caseari (e alimentari in genere) provenienti dall’estero: «ricordo che tutti gli scandali alimentari scoppiati negli ultimi anni, da mucca pazza alla mozzarella blu passando per i polli alla diossina sono scoppiati in altri paesi europei, non in Italia. Non è un caso se dopo i drammatici casi del latte alla melamina in Cina, che ha portato anche alla morte di diversi bambini, gli stessi cinesi hanno iniziato a fare contratti di fornitura con i caseifici italiani. Perché il nostro sistema offre altissime garanzie di tutela» conclude.

‘Se i nostri allevatori haNNO conferito latte oltre i limiti non lo sapevamo’

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